Il 2 agosto 1980 una bomba collocata nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna provoca la morte di 85 persone e il ferimento di oltre 200. Sono viaggiatori, sono persone che vanno a prendere parenti o amici, sono passanti, sono in stazione per lavoro come i tassisti - due i morti - o le impiegate della Cigar che si occupano della ristorazione, sei le uccise. Immediatamente la città si stringe attorno alla stazione, molti vanno a scavare, a soccorrere, a trasportare i feriti e i morti. In tanti comprendono che bisogna attivarsi per difendere il sistema democratico, nuovamente minacciato da un atto di terrorismo che, come stabiliranno le sentenze passate in giudicato, aveva una matrice neofascista.

Ricorderà Giuliano Cazzola, allora segretario generale della Cgil dell’Emilia Romagna: "La notizia mi raggiunse in spiaggia da una signora che l’attraversava piangendo e gridando: ‘’Hanno messo una bomba. Ci sono tanti morti’’. Pensai subito alla mia città; mi precipitai dal bagnino (allora non c’erano i cellulari) e chiesi di telefonare in sede. Mi rispose Adelmo Bastoni, il responsabile organizzativo, un grande compagno, che era già sul posto. Capii dalle sue sommarie informazioni quanto fosse grave la situazione. (…) rientrai a Bologna in serata. I giorni successivi li impiegai a partecipare ad incontri con le istituzioni, ad organizzare iniziative di protesta, a tirare le fila delle iniziative che il sindacato poteva fare in quel momento. Ricordo soltanto che la domenica sera, insieme con Roberto Alvisi, incontrai Claudio Sabattini e Francesco Garibaldo",

 La sera del 2 agosto si ritrovano in piazza Maggiore circa 30mila bolognesi e a queste prime azioni, quasi spontanee, si aggiungono poi le convocazioni dei sindacati che indicono unitariamente per lunedì 4 agosto quattro ore di sciopero generale "per riunire tutte le forze della democrazia in un patto di solidarietà che sappia rinnovare l'immensa forza che realizzò la Resistenza e la Costituzione" come scrive il 3 agosto Andrea Amaro, segretario della Camera del lavoro di Bologna e in moltissime città italiane si tengono manifestazioni. A quella di Bologna partecipano 70 mila persone, secondo il Resto del Carlino.

Il 6 agosto è la giornata del funerale solenne. Giungono a Bologna treni speciali, pullman, auto da tutta l’Italia, fra questi la delegazione dell’Italsider di Genova con lo striscione che ricorda Guido Rossa, ucciso dalle Br l’anno precedente e quella che proviene da Brescia, teatro, nel 1974, della strage di piazza Loggia. "Alle quindici è giunto il convoglio proveniente da Milano. - scriverà il giorno successivo l'Unità - Tredici carrozze (…) i posti a sedere tutti occupati, gli spazi disponibili stipati. Sezioni dei partiti, Consigli di fabbrica, organizzazioni sindacali i nomi delle grandi fabbriche lombarde, anche quelle in pausa di agosto. Si sono lasciate le poltrone ai più anziani, moltissimi. 'Siamo sempre andati ovunque ve ne fosse stato bisogno. Siamo vecchi ma a Bologna c'è bisogno anche di noi', dice un partigiano. (…) Anche i giovani e i giovanissimi non si contano, 'perché andiamo a Bologna? ci vado perché ho tanta rabbia dentro, è importante avercela perché ti serve a non rinchiuderti in un guscio e a non credere che tanto non serve a nulla'. Tremila persone sono su quel treno, forse di più. Quello che ha colpito di più, al termine del tragitto, è stato proprio il silenzio di tremila persone che sono scese insieme da quei vagoni, tutti gli sguardi volti verso il marciapiede del primo binario, verso il vuoto che è rimasto dietro, e tremila persone sulla banchina di una stazione che non parlano.

La partecipazione dei cittadini, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni di categoria non si fermano il 6 agosto, ma proseguono per mesi e danno vita a sottoscrizioni indispensabili ai feriti e ai familiari delle vittime per affrontare una situazione così drammatica e complessa, fra queste la segreteria della Federazione unitaria dei sindacati organizza un fondo nazionale per "contribuire alla lotta al terrorismo e per la concreta solidarietà alle sue vittime" alimentato da una sottoscrizione rivolta a tutti i lavoratori.

Cinzia Venturoli, docente presso l'Università di Bologna e autrice del libro "Storia di una bomba. Bologna, 2 agosto 1980: la strage, i processi, la memoria" (Castelvecchi)