Oggi è il 25 aprile del 2020. Come per gli anni passati, non vogliamo rinunciare a dire che è una giornata di festa perché settantacinque anni fa dalle montagne, dalle pianure, dalla case uscirono le partigiane e i partigiani, quelli che avevano combattuto per cacciare il nazista e il fascista dal nostro Paese.

È anche una festa triste, dobbiamo riconoscerlo perché non possiamo celebrarla in piazza, ma restando nelle nostre case, perché c’è una pandemia che dobbiamo sconfiggere e perché stare chiusi in casa è un dovere civile e sociale per la nostra salute, quella dei nostri cari e dei nostri concittadini. Non vogliamo, però, rinunciare a una cosa fondamentale: alla memoria che ci serve a capire il futuro.

La domanda che facciamo – delle tante che potremmo porci per la Resistenza, per la lotta di Liberazione, per il 25 aprile - è: qual è il regalo più importante, l’esito più significativo di questa lotta di Liberazione? E’ sicuramente, a mio parere, a nostro parere, la Costituzione italiana. Quella di cui parlano i partigiani, quella che misero in atto anche nelle repubbliche partigiane, pensate alla repubblica dell’Ossola: durata meno di quaranta giorni eppure diede il diritto di voto alle donne, l’insegnamento universale, la scuola per tutti. 

Come diceva Marisa Ombra, una partigiana, una staffetta, vicepresidente nazionale dell’Anpi recentemente scomparsa: “Di sera al freddo nelle nostre grotte sognavamo un mondo migliore e ci sembrava lì vicino, a portata di mano, non è stato così”. 

La Costituzione italiana è una delle più importanti d’Europa, contiene insieme diritti individuali e collettivi, rispetto per tutti, rifiuto del razzismo, rifiuto della guerra, diritto al lavoro, però molte volte non è stata attuata. Se un grande partigiano poi diventato anche Presidente della Repubblica come Carlo Azeglio Ciampi ha potuto scrivere un libro intitolato Non era il Paese che sognavamo, possiamo ben immaginare quanta delusione c’è stataper chi quella lotta l’ha combattuta, però le partigiane e i partigiani non hanno mai smesso – mai - di ricordare non solo un sogno, ma un impegno civile e politico, andando nelle scuole, testimoniando, come dimostra anche recentemente la ricerca fatta da Gad Lerner e Laura Gnocchi sui partigiani viventi: oltre 420 partigiani e non uno che abbia detto “non rifarei quello che ho fatto”. 

Spetta alle generazioni successive, a noi che siamo i figli, ai giovani che sono i nipoti e i pronipoti, portare avanti quell’impegno e quella memoria non solo per un doveroso omaggio verso una generazione che ha sacrificato la propria giovinezza in nome della libertà, della democrazia e del rifiuto del razzismo e della violenza, ma anche per noi stessi, per creare un mondo migliore. E allora da questa pandemia ripromettiamoci tutti di far uscire un mondo più giusto, più solidale, meno asservito al dio denaro, più al servizio dei valori della persona e dell’umanità. Di questi valori il diritto al lavoro è quello fondamentale

Trovo straordinario che in questi ultimi decenni, quando si è cominciato davvero a indagare approfonditamente anche sulla funzione sociale della Resistenza, sia emerso il ruolo della classe operaia, di questa straordinaria classe operaia, che ha saputo difendere da un esercito, quello nazista che si stava ritirando e stava devastando il Paese, le fabbriche, le strutture sociali e civili, insomma il futuro della società. Trovo straordinario il ruolo degli operai, il ruolo degli scioperi del ’43 - ‘44, il ruolo degli scioperi delle donne. 

Pensate alle mamme di Massa Carrara che vanno davanti alla caserma dei tedeschi e dicono “non uccidete i nostri figli” e strappano dal plotone di esecuzione sette ragazzi. Una società civile straordinaria a cui dobbiamo non solo gratitudine: dobbiamo il ricordo perché senza conoscenza e ricordo nemmeno la gratitudine ha senso e diventa solo retorica. A loro dobbiamo anche un futuro migliore. Esca quindi anche da questo momento, da questo momento duro in cui siamo chiusi in casa e dobbiamo farlo per dovere civico e collettivo, un impegno per un futuro migliore: impariamo a essere meno egoisti, meno attaccati al denaro e più solidaliimpariamo a rispettare le persone nelle loro differenze, anche nelle loro fragilità; impariamo pure - permettetemi di ricordarlo - da questo grande Papa che, a volte, con voce solitaria, ha invocato la pace e il rifiuto del razzismo

Ce la possiamo fare tutti insieme e allora sì potremo anche dire alla memoria di Carlo Azeglio Ciampi: “Questo mondo, questo futuro che voi ci avete insegnato a costruire, noi e soprattutto le giovani generazioni lo sapremo e lo sapranno costruire. Ve lo promettiamo perché non siate delusi da noi e perché noi dobbiamo essere i partigiani dei partigiani” come ci ha ricordato più volte un grande storico come Marco Revelli.

Carla Nespolo è la presidente nazionale dell'Anpi