La Calabria è chiusa, nessuno può entrare o uscire. Lo ha deciso la governatrice Jole Santelli lo scorso fine settimana preoccupata che potessero rientrare i lavoratori e le lavoratrici impiegati nelle regionali del Nord visto il Dpcm sulla chiusura delle industrie non essenziali. Il Coronavirus è già arrivato anche nel tacco dello stivale, certo i numeri sono assai diversi da quelli delle regioni del Nord ma la preoccupazione è davvero molta. Dal bollettino del 24 marzo risultano 319 persone positive al tampone, con un incremento del 27 per cento rispetto al giorno precedete, 21 sono in terapia intensiva, 98 ricoverati in reparto, in 10 non ce l’anno fatta gli altri sono in isolamento domiciliare. E poi ci sono quasi 7 mila uomini e donne in isolamento volontario o in quarantena. Sono una parte di quegli oltre 11 mila registrati al sito della Regionale perché rientrati dal settentrione nelle settimane scorse.

I numeri certo, che da soli però non raccontano le ragioni della grande preoccupazione che serpeggia tra chi della salute pubblica ha la responsabilità. La sanità calabrese è tristemente nota per essere, speriamo essere stata, terreno di scorribande di ‘ndrangheta, di corruzione, di loschi intrecci tra criminalità organizzata, politica, pubblica amministrazione. Oggi è affidata alle mani di commissari governativi che già prima dell’arrivo del Virus avevano cominciato a razionalizzare e ricostruire e Covid-19 è arrivato come una specie di bomba in attesa di deflagrazione. Lo è in tutto il Paese, ma qui più che altrove, è corsa contro il tempo per non farsi trovare troppo impreparati quando, malauguratamente, il numero dei contagiati dovesse aumentare.

A metà gennaio si è insediato come commissario straordinario di due ospedali e dell’intera Asp di Cosenza (e quindi anche di altri 5 presidi ospedalieri) coprendo oltre il 40 percento della popolazione regionale, un medico emiliano romagnolo Giuseppe Zuccatelli, dal curriculum assai nutrito, dalla direzione di ospedali del suo territorio fino ad essere stato commissario sia in Abruzzo che in Campania, per arrivare alla presidenza dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che racconta di questa corsa: “Abbiamo bloccato tutte le attività di ricovero ordinario, e di ambulatorio programmato, ovviamente garantiamo le urgenze, in questo modo stiamo concentrando tutte le risorse sia di personale che di attrezzature nei reparti dedicati al Covid-19 e alle terapie intensive. Il nostro sforzo, non solo organizzativo, è quello di proteggere preventivamente tutti i pazienti fragili, anziani ma non solo, tenendoli lontani dal contagio e qualora dovessero contagiarsi, cercando di prenderli in carico anche nei reparti di degenza ordinaria, il più tempestivamente possibile”.

Il dottor Zuccatelli è preoccupato per quel che può succedere a causa dell’emigrazione inversa, infatti sostiene che alcuni focolai individuati sul territorio sono del tutto riferibili a questo. La dimensione del fenomeno ancora non è prevedibile e per questo si stanno approntando ulteriori posti di terapia intensiva, ad oggi in regione si sono superati i 200 ed altri 80 si stanno predisponendo in un ospedale da capo allestito davanti all’Ospedale Mater Domino. “Noi davvero ci auguriamo che quando arriverà l’esplosione da noi, diciamo tra dieci giorni circa, non sia troppo pesante. Quella calabrese era ed è una sanità storicamente fragile e nonostante gli sforzi, rilevanti, dovesse arrivare una botta forte non sarebbe in grado di reggere. Ripeto non dovrebbe essere troppo forte perché abbiamo messo in campo tutto quel che potevamo dal punto di vista dell’isolamento sociale e della messa in quarantena di chi è rientrato da fuori. E in ogni caso stiamo lavorando ventre a terra per farci trovare il più adeguati possibile”.

In Calabria come nel resto del Paese una delle criticità maggiori è quello del personale sanitario, in sotto organico in tempi normali figuriamoci ora. “Per quanto riguarda infermieri e operatori socio sanitari - dice il commissario - non abbiamo problemi, abbiamo lunghe graduatorie da cui attingere per le nuove assunzioni che grazie ai decreti del governo possiamo attivare. Il punto più critico riguarda i medici e soprattutto gli anestesisti rianimatori e gli specialisti in medicina d’urgenza. Non li troviamo perché non ci sono in Italia. Quando questa emergenza sarà passata dovremmo davvero lavorare alla costruzione della sanità del futuro. Invertendo la tendenza degli ultimi 20 anni, non solo basta taglia ma occorre investire e ricostruire, a cominciare dalla sanità di territorio e di prossimità”.