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La telefonata di due ore tra il presidente statunitense Donald Trump e quello russo, Vladimir Putin avviene mentre l’Ucraina continua a reclutare uomini e donne nell’esercito per combattere la guerra e ad affrontare le decine di attacchi quotidiani dei droni. Un colloquio, quello tra due leader, che non ha prodotto nulla di concreto sul piano degli accordi per una tregua, se non dichiarazioni generiche d’intenti, tanto che, sfogliando le pagine dei quotidiani internazionali, scopriamo che solamente in Italia alla notizia viene dato particolare rilievo.
Intanto la guerra prosegue senza sosta e vi sono stime che parlano di ben oltre un milione di soldati ucraini in servizio dall’esplosione del conflitto, nel febbraio del 2022. Non si sono mai avuti dati certi, così come anche sul numero di morti e di feriti, ma è sicuro che gli ucraini arruolati sono stati sottratti alla forza lavoro del Paese la cui economia ha subito una scontata battuta d’arresto. Dopo 4 mesi di guerra l’Oil faceva sapere sette milioni di persone avevano perso il posto di lavoro.
Il tasso di disoccupazione in Ucraina nel 2025 è previsto al 14,8%. Nel 2020 era del 9,5%. Non tutte le regioni e le città ucraine sono sotto i bombardamenti da oltre 3 anni e vi sono invece luoghi dove la vita quotidiana della popolazione procede mantenendo alcuni dei ritmi pre-bellici, ma con differenze importanti e drammatiche.
Un caso è quello della città Leopoli, nei pressi del confine con la Polonia, dove raggiungiamo telefonicamente una donna, che chiameremo per riservatezza Alina, per farci raccontare la quotidianità di chi il rumore delle bombe lo sente solamente da lontano, quando i russi bombardano magari qualche centro nevralgico per l’energia.
Alina ci conferma che l’economia è stata duramente colpita dall’aggressione russa. Dall’inizio del conflitto il 24 febbraio, più di 5,23 milioni di rifugiati, principalmente donne, bambini e persone con più di 60 anni di età, sono scappati nei paesi vicini. Fra loro circa 2,75 milioni sono in età lavorativa e quasi la metà è stata costretta a lasciare il proprio lavoro. Ci sono anche famiglie di lingua russofona che, sfollate, si sono recate in altre città ucraine come Leopoli e non sempre la convivenza è facile.
Del milione di ucraini che sono andati a combattere nell’esercito, secondo le stime ufficiali, almeno 80mila sono morti. Alina ci dice che ci sono giovani che ancora non sono stati reclutati che negli ultimi tempi hanno smesso volontariamente di lavorare perché i controlli ai quali vengono sottoposti rappresentano un rischio, quello di essere arruolati e finire al fronte.
Se si fa una videochiamata e si entra in una casa di Leopoli, si rimane colpiti nel vedere che non ci sono grandi differenze tra l’interno delle nostre case e quello del nostro interlocutore. In quegli appartamenti, però, si vive nella paura, nelle paure. La paura dei bombardamenti in lontananza, di essere arruolati, ma anche di trovarsi senza mezzi di sostentamento. Alina, come tante altre donne e madri di famiglia, quando è possibile si reca in Italia per fare la badante e guadagnare quanto serve per mandare avanti la famiglia.
Uno dei suoi figli vive a Leopoli e ancora, fortunatamente, non è stato chiamato a combattere una guerra della quale si era detto dovesse essere lampo e invece non si riesce a vederne la fine. Un altro figlio risiede con la sua famiglia in Polonia, dove lavora e vive più o meno al sicuro. Ad Alina mancano i suoi nipoti, ma sa bene che è meglio che rimangano dove sono.
Ci racconta che le fabbriche continuano a dare lavoro, soprattutto quelle che hanno produzioni funzionali al conflitto, ma sono tanti i negozi cittadini, ad esempio, che hanno chiuso i battenti, lasciando disoccupati coloro che ci lavoravano, oltre ai proprietari. La concorrenza tra lavoratori è poi aumentata, perché ora non ci sono solamente i leopoliani ad avere bisogno di lavorare, ma anche gli sfollati che si sono spostati in una città che, sino a un anno fa, era considerata la più sicura dell’Ucraina, anche perché vicina al confine polacco.
Chiudiamo la telefonata con un’immagine di morte. Alina ci dice che ogni giorno arrivano nella sua città i corpi dei soldati uccisi: tre, quattro, otto. Tanto che negli obitori degli ospedali di Leopoli non c’è più spazio. Ma di questo raramente i media occidentali fanno tragica menzione.