Nuovi conflitti esplodono e i vecchi, talvolta dimenticati, riprendono vigore, forse come non mai. Abbiamo quindi chiesto al ricercatore per il Medioriente  dell’Ispi Luigi Toninelli di tracciare una sorta di mappa delle guerre in corso e rivelarne le connessioni. Nel podcast Tonineli ci ricorda che sino a due anni due anni fa abbiamo finto che non esistessero molti conflitti e come sia invece cambiata l’attenzione con la guerra in Ucraina.

Una guerra, quella tra Russia e Ucraina, che è stata derubricata con l’esplosione di quella tra Israele e Hamas. Quindi il ricercatore passa dalla striscia di Gaza all’intera area mediorientale,  “costellata da innumerevoli conflitti” e dove anche qui abbiamo la presenza della Russia, in particolare nella crisi siriana che “da tredici anni infligge sofferenze alla popolazione”.

Quindi il ricercatore dell’Istituto per gli studi di Politica Internazionale cita la mai pacificata situazione libica, per passare alla guerra nello Yemen, “a lungo dimenticata, insieme alla crisi umitaria in atto, e ora riemersa con l’operazione militare nel Mar Rosso degli huty e la conseguente risposta di Stati Uniti e Gran Bretagna”. Dopo avere ricordato l’asse di resistenza filoiraniana presente in Afghanistan e nell’Asia centrale, passa al recentissimo scontro tra Iran e Pakistan (potenza nucleare), “prima alleati e ora impegnati a scambiarsi raid vicendevolmente, e con il pretesto di attaccare i gruppi terroristici si mandano in realtà messaggi.

Toninelli precisa però che, contrariamente alla vulgata, l’Iran non è il gran burattinaio che muove le pedine nello scacchiere mediorientale. “E’ un Paese che ha legami diversi con i diversi attori: sostiene militarmente gli huty che però sono operativamente autonomi, mentre ha un maggiore legame con Hezbollah, che agisce come fattore di deterrenza regionale anche in nome di Teheran”. 

Non manca nell’analisi anche la Cina “che ha accerchiato Taiwan, pur non essendo in guerra c’è una tensione crescente, e poi le due Coree e i conflitti in tutto l’arco che va dal Medioriente all’Asia”. E di nuovo torna in campo la Russia, la cui perdita di egemonia con la guerra Ucraina pesa sulle crisi del Caucaso e del Nagorno Karabakh. 

Tra le concause della pesante e volenta situazione internazionale anche “il calo di egemonia, l’affaticamento , degli Stati uniti che non hanno più la capacità di rispondere a minacce e sfide che il contesto comporta”. Basti vedere quanto sta accadendo nel “giardino di casa sua, il Sudamericana, dove vi è un netto peggioramento del concetto di sicurezza, come dimostrano i recenti fatti in Equador”.

Infine Toninelli ribadisce che il conflitto tra Israele ed Hamas non è di carattere religioso e una prima analisi potrebbe farci pensare “all’ennesima tappa di un conflitto senza fine, ma questa volta è più drammatico, tant che ci sono molte voci che vogliono mettere un punto alla situazione, le monarchie del Golfo e gli Stati uniti, per la soluzione dei ‘due stati’.  Tutto dovrà però passare dalla caduta di Netanyahu e dal coltivare le leadership israeliane, con governi che sono andati sempre più a destra, ma anche palestinesi: questa è la vera sfida, ma serve la volontà di entrambe le parti”.