Con striscioni, fischietti, slogan e tanta rabbia cinquemila lavoratori del settore auto a rischio licenziamento si sono presentati venerdì scorso al Salone di Parigi, l’appuntamento più importante dell’anno per i marchi automobilistici. La scena è stata la rappresentazione plastica di come il settore stia attraversando una forte crisi di vendite; crisi che la tempesta finanziaria partita dagli Stati Uniti rischia di peggiorare ulteriormente: da una parte i salariati, su cui vengono scaricati gli oneri di strategie industriali miopi, e dall’altra i dirigenti che persistono nella convinzione che il profitto sia prioritario rispetto alla responsabilità sociale dell’azienda.

Solo in Francia la logica del profitto a tutti i costi
è costata un bel po’ ai lavoratori. Nel 2008 la Renault ha annunciato la soppressione di 4900 posti e la Psa Peugeot Citroën 2800. Mentre nel settore accessori è la Kleber che prevede 826 posti in meno, seguita da Trelleborg, Klarius, Continental, Peugeot Motocicli, Goodyear, Valeo e Delphi. Oltralpe i lavoratori nell’industria dell’auto erano 321mila nel 2000, 275mila nel 2007 e, se i piani delle aziende rimarranno immutati, saranno ancor meno l’anno.

Venerdì alla manifestazione che è arrivata fin dentro al Salone, davanti ai nuovi e scintillanti modelli che saranno immessi sul mercato nei prossimi mesi, c’erano delegazioni da tutte le aziende in crisi. Ma a guidare la manifestazione indetta dalla Cgt era un nutrito contingente di lavoratori della Renault, la maggioranza dei quali proveniva direttamente da Sandouville, piccolo centro della Normandia in cui è insediato uno dei siti di produzione maggiormente minacciato dal piano di ristrutturazione dell’azienda e simbolo della resistenza dei lavoratori.

A Sandouville la direzione ha previsto di sopprimere 1.000 posti su 3.700, una catastrofe sociale per tutto il territorio. Tanto che il presidente della repubblica ha sentito la necessità d’intervenire direttamente nonostante l’agenda politica sia in queste settimane monopolizzata dalla crisi finanziaria. Nicolas Sarkozy, però, lo ha spiegato più volte e ribadito all’inizio di ottobre in un discorso a Tolone, vuole rafforzare l’industria e il suo valore sociale a detrimento di un’economia finanziaria che nelle ultime settimane sta svelando il suo vero volto. Il problema è che alle parole del presidente finora non sono seguiti fatti concreti e le sue apparizioni nei siti industriali in crisi sembrano più che altro colpi mediatici. Lo sanno bene, ad esempio, i lavoratori della Arcelor Mittal di Gandrage che lo scorso anno, minacciati da un piano di ristrutturazione che prevedeva la soppressione di seicento posti di lavoro, hanno visto Sarkozy sbarcare col suo seguito di telecamere e sentito il presidente promettere di esser pronto “a mettere i soldi per fare gli investimenti necessari da tempo”. Alla dichiarazione, però, non è seguito nulla.

Quando lunedì 6 ottobre Sarkozy si è presentato ai cancelli della fabbrica
di Sandouville ha trovato i lavoratori in sciopero e ha dovuto rinunciare a incontrarli. In compenso si è intrattenuto con l’amministratore delegato di Renault Nissan, Carlos Ghosn, a cui ha strappato l’assicurazione che nel sito di Sandouville sarà prodotta una nuova utilitaria a partire dal 2012. “I lavoratori devono capire che la fabbrica non chiuderà – ha detto Ghosn – e che ha un avvenire a lungo termine”.

“A lungo termine saremo tutti morti” hanno pensato i lavoratori che lunedì 13 hanno bloccato i cancelli della fabbrica. Nessun piano è stato presentato per il breve periodo e per affrontare la disoccupazione tecnica che grava sul sito. I lavoratori di Sandouville devono affrontare da tempo questa situazione, visti i pessimi risultati di vendita della Vel Satis e della Laguna che producono insieme all’Espace. Finora, per far fronte alla crisi e non perdere una parte rilevante del salario, hanno speso i giorni di recupero straordinari e di ferie, ma secondo i sindacati sono ormai in pochi ad avere ancora qualche giorno da utilizzare. Nel 2008 sono stati più di settanta i giorni di disoccupazione tecnica. La produzione della Vel Satis e dell’Espace è ferma dieci giorni al mese e a partire da ottobre una sola catena produce la nuova Laguna. In tutto 240 al giorno. Un anno fa era programmata per costruirne 620, ma dal suo lancio la Laguna non è mai decollata. Finora Renault ne ha venduti 80mila esemplari, contro i 180mila previsti.

Il risultato di questo errore industriale è che a Sandouville i lavoratori perdono in media 400 euro in busta paga e che mille dovranno lasciare l’azienda. I sindacati da parte loro chiedono con forza un intervento del governo al fine di influire sul piano di rilancio di Ghosn, tutto volto a recuperare i margini finanziari persi negli ultimi tempi. Pur privatizzata, lo Stato è ancora azionista di maggioranza della Renault con il 15 per cento del capitale, fatto che gli consente di dire la sua sulle scelte strategiche dell’azienda. E magari di dar seguito alla promessa più volte fatta da Sarkozy di voler riabilitare l’industria. Intanto la manifestazione di venerdì al Salone dell’auto si è conclusa di fronte allo stand di Renault dove i lavoratori hanno ricoperto di adesivi il nuovo modello di Mégane presentato al grande pubblico.