Alberto Trentini, il cooperatore italiano arrestato in Venezuela, è rinchiuso da ormai 300 giorni in un carcere di massima sicurezza del Paese sudamericano, senza la doverosa attenzione di media italiani e senza che le autorità del nostro Paese siano ancora riuscite a ottenere la sua liberazione e il suo rimpatrio.

Ricordiamo che Trentini è stato arrestato lo scorso 15 novembre 2024 a un posto di blocco senza accuse formali e le istituzioni venezuelane non hanno mai ritenuto di dovere dare spiegazioni. Solamente i questi giorni, in un’intervista alla Cnn, per la prima volta un ministro di Caracas, quello degli Esteri Yvan Gil, ha parlato del caso Trentini affermando che “i suoi diritti umani non sono violati”, che è sotto processo e che “c’è una causa in corso che continuerà”. 

Da considerare anche le condizioni delle carceri venezuelane, per le quali ci sono denunce di violenze e di torture ai detenuti, e, in particolare, del carcere El Rodeo alla periferia di Caracas dove è trattenuto il cooperante che è da tempo attenzionato dalle organizzazioni non governative e da Amnesty international. Inoltre il cooperante ha potuto avere solamente due veloci comunicazioni telefoniche con la famiglia e non ha potuto ricevere le visite dei rappresentanti della diplomazia italiana in Venezuela.  

La madre di Alberto Trentini, Armanda Colusso, ha dovuto ricorrere alla piazza del Festival del cinema di Venezia per cercare di dare massima visibilità al suo appello: “Esigiamo che il nostro governo concretizzi gli sforzi per portare a casa Alberto – ha dichiarato –. Ogni giorno in più di detenzione e di attesa produce un’intollerabile sofferenza. Mi chiedo spesso: cosa penserà questo ragazzo del suo Paese che per mesi l’ha abbandonato e non si è attivato abbastanza per liberarlo?”.

Ci sono associazioni che hanno lanciato petizioni per la liberazione di Trentini, una su tutte quella di Aoi Cooperazione e solidarietà internazionale, l’Associazione delle ong Italiane, che rinnova “l’appello per la liberazione di Alberto Trentini, cooperante, amico e collega, detenuto in Venezuela dal 15 novembre”.

In vista dei 300 giorni trascorsi molte voci del mondo della cultura e dello spettacolo italiani, oltre a quelle dei genitori di Giulio Regeni, hanno inviato simbolicamente messaggi ad Alberto. Poi per il cooperatore ci sarà il 301° giorno, il 302°, il 303° e preferiamo fermarci nella speranza che non ce ne sia nemmeno uno in più  trascorso nel carcere El Rodeo, ma questo potrà essere più probabile solamente se si romperà definitivamente il silenzio (a sprazzi interrotto) che sino a ora ha regnato.