Si è concluso oggi a Berlino il congresso della Confederazione europea dei sindacati (Ces). Un appuntamento che ha messo al centro la questione salariale europea, l’impoverimento generale di fronte al carovita, la necessità di un’azione comune e condivisa da parte delle organizzazioni sindacali. Un dibattito, quello congressuale, corroborato da una ricerca presentata dalla Ces dove si dimostra - come si suol dire “dati alla mano” - che i settori industriali della Ue che più stentano a reclutare manodopera sono anche quelli che pagano meno e peggio. Da qui la ricetta ribadita dalla Ces: i datori di lavoro devono offrire posti meglio retribuiti per porre fine alla dannosa carenza di manodopera in Europa.

L’analisi Ces dei tassi di posti di lavoro vacanti e dei salari in 22 Paesi dell'Ue rivela che le industrie con le peggiori carenze di manodopera pagano in media il 9% in meno rispetto ai settori in cui è più facile assumere. Nel 2022 il tasso di posti di lavoro vacanti nella Ue (il cosiddetto mismatch) ha raggiunto un livello record, causando problemi di produzione per un quarto delle aziende europee.

La Ces contesta chi ha attribuito il fenomeno alla mancanza di competenze e qualifiche tra i lavoratori, e volge lo sguardo invece sui bassi salari. Forte di un confronto effettuato dal proprio centro di ricerca, l’Istituto sindacale europeo (Etui), un’analisi che mostra “un chiaro legame tra i bassi salari e gli alti tassi di posti vacanti”.  La ricerca ha preso in esame 13 Stati membri su 22, quelli per i quali erano disponibili i dati, nel periodo 2019-2022. E rileva che “i maggiori divari salariali tra i settori con i maggiori e i minori aumenti della carenza di manodopera sono stati riscontrati in Italia (4,17 euro l'ora), Lussemburgo (4,16 euro), Germania (3,26 euro), Paesi Bassi (2,49 euro) e Grecia (1,51 euro)”. 

Esther Lynch, mantenere la promessa di Delors

“Una retribuzione dignitosa è un bene per i lavoratori, per i datori di lavoro e per l'Europa. I bassi salari alimentano la crisi del costo della vita, mentre la carenza di manodopera danneggia i risultati economici e i servizi pubblici europei”, ha dichiarato la segretaria generale della Ces, Esther Lynch, nella sua relazione di apertura congressuale martedì scorso.

“L’Europa - prosegue Lynch - deve essere un luogo ideale per lavorare. Già negli anni '80 Delors aveva promesso ai lavoratori europei il diritto alla formazione permanente. È giunto il momento di mantenere questa promessa fondamentale per l'Europa sociale. Ciò significa investire in posti di lavoro di alta qualità, in permessi retribuiti per la formazione dei lavoratori, in una giusta transizione, in condizioni sociali per garantire che le aziende investano nella formazione. Questo significa diritto alla formazione per tutti i lavoratori.

Le imprese sbagliano

“Nel 2022 più di un quarto delle imprese dell'Ue ha segnalato problemi di produzione dovuti alla carenza di manodopera”, osserva Wouter Zwysen, analista dell’Etui. “Alcuni lavori comportano condizioni faticose e intensive, non sono sufficientemente retribuiti e sono di qualità troppo bassa per attirare i lavoratori”, eppure - prosegue il ricercatore - “i datori di lavoro si concentrano sulla mancanza di competenze” e sulla “necessità di una maggiore mobilità, soprattutto di immigrati da Paesi terzi”. 

Le imprese “mettono addirittura in guardia contro l'aumento dei salari per timore di una cosiddetta spirale salari-prezzi. Anche la Commissione europea sembra seguire questa strada”. Ma la verità è che è aumentata l'intolleranza verso i lavori di bassa qualità, c’è insomma “penuria di persone disposte a svolgere lavori faticosi e mal retribuiti”. Questo vale in tutti i settori, non solo nell’industria: “È importante notare che la percentuale di lavoratori che guadagnano meno del 60% del salario mediano - che è il livello in cui la direttiva UE sul salario minimo proporrebbe di fissare un salario minimo - è sostanzialmente più alta nei Paesi e nei settori in cui i tassi di posti di lavoro vacanti sono aumentati di più”, aggiunge Zwysen.

Le richieste del sindacato europeo

Nel corso del Congresso la Ces ha chiesto ai governi nazionali di contribuire all'aumento delle retribuzioni, e di sostenere la contrattazione collettiva: “Gli accordi di contrattazione collettiva tra sindacati e datori di lavoro sono essenziali per eliminare i tassi di povertà salariale”. Il sindacato europeo ha avanzato la richiesta di subordinare il sostegno finanziario alle imprese a “condizioni e garanzie sociali”, così da garantire la creazione di posti di lavoro di qualità coperti da contratti collettivi. Alla Commissione europea la Ces chiede di modificare le norme sugli appalti pubblici: solo le imprese che rispettano la contrattazione collettiva dovrebbero ricevere fondi pubblici dall'Ue o ottenere appalti da governi nazionali o locali.