Sono trascorsi due anni dal colpo di Stato in Myanmar. Il sindacato mondiale e gli attivisti per la democrazia nel mondo hanno rinnovato l’appello per il ripristino della democrazia. I militari in Myanmar spodestarono nel 2021 il governo democraticamente eletto, sostenendo che c’erano stati brogli diffusi nelle elezioni del 2020, vinte dal partito di Aung San Suu Kyi con una vittoria schiacciante. Aung San Suu Kyi fu arrestata e successivamente condannata a oltre trent’anni di carcere dopo una serie di processi tenuti a porte chiuse. I parlamentari democraticamente eletti nelle elezioni del 2020, ora in esilio, hanno poi dato vita al governo di unità nazionale del Myanmar per coordinare l’opposizione internazionale al colpo di Stato militare.

Il Paese nel caos

Da allora la giunta ha gettato il Paese nel caos. Nel tentativo di controllare l’opposizione della popolazione ha incendiato villaggi, lanciato attacchi aerei sulla popolazione civile, uccidendo quasi tremila persone, tra cui decine di bambini, e arrestato chiunque fosse sospettato di sostenere i movimenti a favore della democrazia, tra cui rappresentanti sindacali detenuti arbitrariamente in carcere.

La condanna internazionale

L’Indice dei diritti globali pubblicato nel 2022 dal sindacato mondiale, (la ITUC – CSI), ha evidenziato che il Myanmar è uno dei dieci peggiori Paesi al mondo per i lavoratori, dove è esercitata sistematicamente e diffusamente una repressione brutale dei diritti umani e sindacali, degli scioperi e delle proteste, cui spesso seguono arresti arbitrari e uccisioni. Inoltre, l’introduzione della legge marziale nelle zone industriali della città di Yangon ha reso impraticabile l’attività sindacale. I meccanismi di risoluzione delle controversie di lavoro e di protezione dei salari sono stati smantellati e gli accordi di contrattazione collettiva non sono rispettati. Sedici organizzazioni sindacali sono state dichiarate illegali dal Tatmadaw, l’esercito birmano.

Sciopero del silenzio

In occasione di questa triste ricorrenza, gli attivisti per la democrazia, non potendo organizzare mobilitazioni in sicurezza nelle aree urbane, hanno lanciato per il secondo anno consecutivo uno “sciopero del silenzio” per mostrare la loro opposizione alla giunta militare.

Il Consiglio delle Global Unions, che rappresenta 200 milioni di lavoratori nel mondo attraverso le federazioni internazionali dei sindacati di settore, ha chiesto in una dichiarazione rilasciata il 1 febbraio un rinnovato impegno a livello globale per ripristinare la democrazia nel Paese e per il riconoscimento ufficiale del governo di unità nazionale a sostegno dell’appello della confederazione sindacale birmana - Ctum - rivolto ai sindacati di tutto il mondo.

La petizione italiana

La Cgil ha sostenuto e rilanciato la petizione promossa dall’associazione Italia-Birmania. Insieme e dalla comunità birmana in Italia per riproporre l’azione internazionale, riaffermare il primato e i valori della democrazia e dei diritti umani e fermare la dittatura della giunta militare genocida.

Basta affari con i golpisti

Oltre all’invito ad esercitare pressioni economiche e diplomatiche sulla giunta militare, la confederazione sindacale internazionale ha richiamato l’attenzione sul coinvolgimento delle società multinazionali nel mondo che continuano a fare affari con il regime militare responsabile del colpo di Stato, finanziandolo di fatto anche attraverso la catena di approvvigionamento che alimenta l’industria militare delle armi.