Quanto accaduto il 7 dicembre scorso in Perù conferma lo stato di crisi che da decenni vive la democrazia nel Paese sudamericano. La destituzione e l’arresto di Pedro Castillo, eletto Presidente della Repubblica, 18 mesi fa dopo un ballottaggio vinto per una manciata di voti sulla figlia dell’ex Presidente golpista Fujimori, ha creato l’ennesima crisi istituzionale e la nomina da parte del parlamento di una nuova presidente, Dina Boluarte, fino a ieri fedelissima e appartenente allo stesso partito di Castillo.

La protesta popolare, in particolare di campesinos, indigeni, pobladores delle periferie, lavoratori poveri e sindacati non si è fatta attendere. Come non si è fatta attendere l’azione repressiva dello stato, con la dichiarazione dello stato d’assedio e il divieto di manifestare, consegnando alla polizia il compito di reprimere con la forza le proteste in ogni parte del paese. Già si contano morti, feriti e arresti e la frattura sociale e la crisi è ancora più profonda.

La crisi che affligge il Perù può essere affrontata solamente con il dialogo e la costruzione di giustizia sociale, di lotta al lavoro informale, di garanzie per il rispetto dei diritti umani, con politiche di inclusione e di riconoscimento delle diverse identità etniche e culturali in un Paese con una storia ricca di tradizioni e di risorse naturali.

La Cgil si unisce a quanto dichiarato dalla Confederazione dei sindacati delle Americhe affinché prevalga il senso di responsabilità delle istituzioni e si affronti questa ennesima crisi per la via democratica, di agire nel pieno rispetto del mandato costituzionale e del risultato elettorale, ascoltando e non reprimendo le proteste popolari.