Sportelli bancari scesi sotto quota 20 mila, il 20% in meno in cinque anni. Dipendenti calati nello stesso periodo di oltre 20 mila, quasi nella totalità fuoriusciti dai bacini delle prime sette banche italiane. “Mentre impazza il risiko bancario, e non sono chiari i riflessi sul lavoro di questo riassetto bancario, servirebbe un confronto tra sindacati e Abi per garantire al sistema tutele sul fronte dell’occupazione e della presenza nei territori”, rivendica la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito.

Lo spunto nasce dal nuovo report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil su sportelli e dipendenti del sistema bancario per il 2024 dal quale emerge come continui a erodersi il perimetro del sistema bancario. Anche lo scorso anno, infatti, si è registrata una nuova contrazione del numero degli sportelli, sotto la soglia dei 20 mila (19.654) in calo di -506 unità rispetto all’anno precedente e di -4.658 sul 2020 (-19,2%). Così l’occupazione che ammonta a 261.653 dipendenti, in flessione di un -0,5% sul 2023 per -596 unità e di un -7,3% sui cinque anni passati per un drastico calo di -20.476 tra lavoratrici e lavoratori.

Una doppia riduzione, di sportelli e dipendenti, ascrivibile prevalentemente ai primi sette gruppi bancari, ovvero IntesaSanpaolo, Unicredit, Bbpm, Mps, Bper, Popolare di Sondrio e Credem. Negli ultimi 5 anni, infatti, gli addetti delle top 7 sono diminuiti di oltre 21 mila unità, per un -11%, mentre la riduzione della loro rete di sportelli è stata di oltre 3.300 unità sullo stesso periodo.

“Siamo da mesi in balia di cronache finanziarie - osserva Susy Esposito, segretaria generale Fisac Cgil -, che vedono tra i protagonisti anche un governo invadente nell’improprio ruolo di arbitro e giocatore, peraltro svolgendo male i due ruoli. Mentre manca una visione chiara sul lavoro che questo risiko determinerà e aumenta il timore che le lavoratrici e i lavoratori siano le sole pedine che cadranno in questo gioco di conquista”.

Per questo, afferma la segretaria della Fisac Cgil, “c’è bisogno che Abi dia il via con i sindacati a una discussione seria su occupazione e reinsediamento territoriale, guardando alla fase di riassetto del sistema. C’è un cortocircuito infatti determinato dal fatto che mentre con Abi arriviamo ad accordi di sistema che vanno dal contratto nazionale al fondo per l’occupazione, le sue associate si disinteressano di questi aspetti nei loro progetti di aggregazione. Abbiamo bisogno di più occupazione nel settore e di più presidi nei territori, di una visione complessiva frutto del confronto tra le parti che metta al centro i territori, i cittadini e le imprese, nel solco di quanto previsto dalla Costituzione”, conclude Esposito.