Delusione e anche un pizzico di sconcerto. E tanta preoccupazione per lavoratori e lavoratrici e per il Paese. Questi i sentimenti che attraversano le riflessioni di Riccardo Saccone, segretario nazionale della Slc Cgil, sul confronto sul piano industriale di Tim. Pietro Labriola, il neo amministratore delegato dell’azienda, ha ricevuto i sindacati nella propria sede, in Corso d’Italia a Roma a pochi passi da quella della Cgil. C’era attesa per quel che avrebbe detto. Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil si aspettavano un’illustrazione se non proprio nel dettaglio del piano industriale, almeno meno fumosa di quanto non sia stato. Ma soprattutto, ciò che proprio non va, è che dal tavolo non è stata affatto tolta l’ipotesi della separazione dell’azienda, da una parte la rete dall’altra i servizi.

“Abbiamo bisogno di un campione nazionale a forte presenza pubblica”, dice il dirigente sindacale, e abbiamo bisogno che la digitalizzazione del Paese sia uguale per tutta Italia, anzi che arrivi proprio in quelle zone bianche poco interessanti per le aziende perché poco funzionali al profitto. Ma c’è un’altra preoccupazione, quel che contesta Saccone è l’assenza del governo e di una politica pubblica sulle Tlc che si assuma la responsabilità di garantire a tutti i cittadini e le cittadine il nuovo diritto di cittadinanza, quello alla connessione. E l’idea di tanti bandi per la costruzione di pezzi di rete che poi magari lo stato ricompra proprio non va.

Per questo lo sciopero: la mobilitazione indetta dai sindacati vede di fronte a sé questa nuova tappa, per richiamare tutti alle proprie responsabilità, azienda e governo. Ne va del destino dei dipendenti e della scommessa sul futuro del Paese.

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