La distribuzione degli 8 miliardi destinati alla riduzione delle tasse premia i redditi alti, dà assai poco a lavoratori e pensionati. Per Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil, lo sciopero generale del 16 dicembre è solo il primo passo della battaglia per cambiare l’impostazione della riforma fiscale.

Insieme per la giustizia è la parola d'ordine dello sciopero generale. uno dei temi al centro della mobilitazione è il fisco. La riforma fiscale introdotta in legge di bilancio, secondo voi, contiene delle ingiustizie. Quali sono le ragioni di questo giudizio?
L’accordo di maggioranza sulla distribuzione degli 8 miliardi destinati all’abbassamento delle tasse è profondamente sbagliato. Ha degli effetti dal punto di vista redistributivo iniqui e opposti rispetto a ciò che servirebbe. Vorremmo sottolineare questo punto, in queste ore tutti si stanno affannando con percentuali a raccontare una storia diversa. La verità è molto semplice, si è fatta una scelta, cioè si è scelto di non intervenire sulle detrazioni e sulla decontribuzione, come avevamo chiesto, disegnando l'intervento fiscale su chi ne aveva più bisogno, ma si è fatta un'operazione che chiaramente ha degli effetti sui redditi più elevati. Allora il punto sul quale vorremmo che tutti riflettessero è che questa operazione, che va nella direzione più volte sostenuta, soprattutto dalle forze di destra, cioè la riduzione delle percentuali delle aliquote Irpef e anche la cancellazione di una aliquota, non va a vantaggio di coloro hanno un reddito inferiore ai 35.000 euro e che rappresentano l’85% della platea complessiva di lavoratori e pensionati. Si è scelto di intervenire in modo orizzontale e la riduzione avvantaggia i redditi più elevati. Parti uguali tra disuguali, mi verrebbe da dire. È un'impostazione sbagliata, è una redistribuzione al contrario. D'altro canto, se qualcuno avesse qualche perplessità sulla matrice e sull’impostazione, basta soltanto leggere i commenti dei partiti di destra che hanno sempre teorizzato la riduzione delle aliquote per arrivare alle tasse piatte o alle tre aliquote.

Quindi secondo voi non si tratta di una riduzione delle tasse per i redditi bassi e medi, ma di una riduzione delle tasse per tutti, anche per chi ha redditi sopra i 100.000 euro, perché riducendo scaglioni e aliquote si riducono le tasse per tutti e quindi ne beneficiano i ricchi...
Sì, la fake news - tra le tante che anche giornali importanti stanno propagandando in questi giorni - è che essendo stata tagliata la seconda aliquota (che riguarda i redditi fino a 28.000 euro), passandola dal 27 al 25, si favoriscono i redditi bassi perché lì si mette una parte consistente di risorse. Quella diminuzione non incide solo su chi guadagna 28.000 euro lordi l’anno, ma anche su chi ne guadagna 200mila. I redditi fino a 28 mila euro ricevono uno sconto fiscale di 2 punti percentuali, poi i redditi fino a 50.000 euro ricevono un ulteriore sconto di 3 punti percentuali visto che lo scaglione successivo scende dal 38 al 35%. E così via. Allora se si dice la verità è facile comprendere chi beneficia dello sconto fiscale maggiore.

Se davvero si fosse voluto intervenire sui redditi bassi e medi si sarebbe dovuto utilizzare le detrazioni, non la riduzione delle aliquote.
L'effetto di questo intervento per le fasce più basse è quasi nullo, anzi, per alcune fasce, diciamo da 28.000 a 35.000 euro, potrebbe essere per alcune classi di reddito addirittura negativo. Questo è talmente vero che il governo ne ha piena consapevolezza, tanto che nell’ultimo incontro ufficiale ci è stato detto che stavano pensando a delle “pecette” per ovviare a questo inconveniente. Le pecette o i cerotti si mettono quando si è rotto qualcosa. Questi cerotti verranno messi per evitare che qualcuno ci perda o che rischi di avere scarsa capienza fiscale e quindi impatti negativamente su spese che singolarmente possono essere detratte. E che al di là dei tecnicismi sono i mutui, le spese per medicine, istruzione...

C'è un tema che attraversa tutte le ragioni dello sciopero generale, che è quello appunto della giustizia e di provare a ridurre le diseguaglianze nel nostro Paese. L'operazione che viene fatta sul fisco va esattamente nel senso opposto a quello di ridurre le diseguaglianze, se va bene le si fotografa, se va male le si acuisce, mentre in questo momento, anche per effetto della pandemia, ma non solo, le diseguaglianze sono aumentate. Allora quale dovrebbe essere la strada?
Partire da chi ha più bisogno. La cosa veramente incredibile è che da un lato si fa un gran parlare di manovra espansiva, di risposta ai più deboli, poi però queste risposte non si intravedono. Voglio fare un esempio. Le donne e i giovani sono in una condizione drammatica, questa dovrebbe essere una priorità in una fase di ripresa. Come? Mettendo in campo politiche e strumenti per ridurre la precarietà, i bassi salari. Il fisco potrebbe essere utile per ottenere questi risultati. Dove sono le persone in carne e ossa, dove sta la commessa del supermercato, dove sta il somministrato della sanità, dov'è il giovane precario? Tutti loro si trovano negli scaglioni più bassi, cioè quelli dove la riduzione della pressione fiscale è più limitata. La leva fiscale poteva e doveva essere utilizzata per ridurre le diseguaglianze. D’altro canto gli interventi fiscali sono gli atti più politici in assoluto, perché il fisco sta alla base del patto sociale dello Stato sia per la destinazione finale delle risorse, sia – soprattutto - per la ripartizione del peso fiscale tra i cittadini sulla base della loro capacità contributiva, ma secondo equità e solidarietà.  Anche per queste ragioni non accettiamo la riduzione di un miliardo dell’Irap oltre per le necessità del nostro Servizio sanitario nazionale. Si apre, cioè, una prima crepa che prelude ad una progressiva cancellazione per tutte le imprese. Che sul versante degli sconti fiscali hanno avuto molto anche in questa manovra. In epoca di risorse scarse e soprattutto in una fase difficile sul versante sociale, alla luce della pandemia, si possono dare messaggi politici importanti anche attraverso la leva fiscale. E il messaggio politico che con la manovra si può mandare è I care di Don Milani, mi prendo cura. Il Paese non si è dimenticato di chi sta peggio, si prende cura di loro. È arrivato il momento di smetterla quindi con le ipocrisie. La manovra fiscale in legge di bilancio non è a favore dei giovani, non è a favore delle donne, non è a favore di lavoratori e lavoratrici a basso e medio reddito.

Vogliamo smentire un'altra fake news, Cgil e Uil non hanno convocato lo sciopero generale perché Draghi non è riuscito a far passare in maggioranza, la sterilizzazione per un anno dello sconto fiscale a chi guadagna oltre 75.000 euro.
Non è così, noi contestiamo l'impianto dell'accordo sul fisco. Noi abbiamo proposto altro, lo voglio ricordare qui. Decontribuzione fino a 20/25.000 euro perché c’è scarsa capienza fiscale o addirittura nulla sotto i 12.000 euro e detrazioni per gli altri lavoratori e pensionati. Il premier ha fatto la proposta che tu ricordavi, che ha, per altro, un valore economico di circa 250 milioni, quindi molto limitato rispetto agli 8 miliardi. Una proposta che sospendeva per un anno il vantaggio fiscale per i redditi superiori a 75.000 euro. Nonostante sia davvero poca cosa, abbiamo compreso il segnale politico che Draghi voleva mandare, La lega, Forza Italia e Italia Viva hanno fatto le barricate. Qualcuno ha addirittura evocato la patrimoniale. Ho trovato questa vicenda penosa, mi ha colpito questa rottura esplicita dell’idea di solidarietà fatta da chi “dovrebbe” avere senso della rappresentanza generale degli interessi, poiché la bocciatura - vorrei ricordarlo - è avvenuta nel consiglio dei ministri, quindi dai ministri appartenenti a quelle tre forze politiche.