La preoccupazione più grande degli italiani, dopo la pandemia, è diventata il lavoro. Anzi la paura di perderlo o di non trovarlo più. Non è un caso che nel sondaggio ci sia al primo posto la disoccupazione, seguita a ruota dai problemi del reddito e dell’aumento costante del costo della vita. È questa in estrema sintesi l’istantanea che appare leggendo l’ultima analisi dell’Osservatorio Futura realizzata nel mese di giugno per conto della Cgil, sulla base di un campione di 2001 interviste rappresentative della popolazione maggiorenne con accesso a internet. L’indagine ha utilizzato una rilevazione attraverso questionari auto-compilati online su panel web. Il quadro che ne esce mostra un Paese impoverito con scarsa fiducia nel futuro. Fa impressione il dato sulle dichiarazioni della propria situazione economica: un italiano su due ammette di vivere in condizioni di debolezza finanziaria. Molti si sono indebitati, mentre altri sono stati costretti a mettere mano ai risparmi accumulati negli anni scorsi. Per tutti il lavoro è una priorità. Ma andiamo con ordine.

C’era una volta il salvadanaio
Un dato che dovrebbe davvero far riflettere tutti, ma soprattutto la politica e i decisori, riguarda la percentuale che emerge dalle risposte alla domanda sulla gestione delle entrate famigliari: il 27% degli intervistati dichiara che le proprie entrate sono appena sufficienti per arrivare alla fine del mese. Una minoranza dei rispondenti dichiara di riuscire ancora a risparmiare qualcosa, ma solo un 17% di fortunati riesce a destinare al salvadanaio il 10% delle entrate. C’è però una percentuale analoga e speculare, sempre il 17%, che ci rivela una delle notizie più preoccupanti: per venire incontro al bisogno di risorse finanziarie immediate per coprire le spese correnti, gli italiani hanno cominciato ad intaccare i propri risparmi. Quindi non solo non si riescono più a mettere da parte risorse per il futuro, ma si cominciano a rompere i salvadanai, cioè si disinvestono risorse destinate inizialmente ai fondi risparmio. Alla luce di questa situazione poco meno della metà del campione rappresentativo della popolazione italiana complessiva, pensa che il futuro ci riserverà altre brutte sorprese. La preoccupazione cresce in particolare nelle famiglie con figli. È il loro futuro in ballo. E le previsioni non sono per niente rassicuranti.

Il virus peggiora la vita
Nella inesorabile flessione delle condizioni di vita non ci sono solo le limitazioni imposte prima dal lockdown e poi dalle misure di sicurezza, ma c’è anche il lavoro di ognuno di noi. Lo spaccato che emerge dal sondaggio dell’Osservatorio Futura non ci fa stare allegri. E questo è un tema che interessa direttamente il sindacato che infatti rilancia l’iniziativa per cercare delle risposte all’altezza della situazione d’emergenza. Alla data del sondaggio il 37% degli intervistati (ovvero oltre un occupato su tre) dichiara un peggioramento delle condizioni di lavoro. Se il 10% dichiara di essere stato fortunato con un lieve miglioramento del lavoro rispetto a prima della pandemia, il 48% ha visto peggiorare nettamente la propria condizione di lavoro. A questo 48% c’è da aggiungere un altro 21% che ha subito un peggioramento “lieve”. Ma 48 più 21 fa 69. Per circa il 70% della popolazione italiana la condizione di lavoro ha subito cambiamenti negativi. Andando a vedere la composizione delle risposte ai questionari si scopre che il peggioramento più diffuso si riscontra tra le donne, le persone nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni, i residenti del Nord Est, i colletti blu, gli occupati nel settore privato e nel terziario.

Lo smart working prossimo venturo
All’interno delle risposte sul lavoro ci sono ovviamente quelle sullo smart working, o lavoro agile e a distanza, che è stato la vera grande novità della pandemia. Si è registrato infatti un vero e proprio boom di questa modalità di lavoro che apre questioni inedite sulle quali i sindacati stanno lavorando per arrivare ad una regolamentazione con valore generale. In un altro approfondimento su Collettiva abbiamo già analizzato i risultati del sondaggio per quanto riguarda lo smart working nel pubblico impiego. Un sondaggio, tra l'altro, che smentisce vari luoghi comuni. Ma in generale possiamo dire che un quarto dei lavoratori intervistati dall’Osservatorio Futura ha dichiarato di gradire la possibilità di continuare a lavorare da casa anche dopo la conclusione definitiva dell’emergenza sanitaria e sociale. Quasi un terzo degli intervistati si dichiara disposto ad alternare giorni di lavoro in presenza e giorni di lavoro a distanza. Ma l’unanimità si riscontra nelle risposte sulla necessità di chiarire una volta per sempre le regole della nuova modalità di lavoro. Tutti gli intervistati si lamentano di essere stati costretti e reinventarsi l’intera organizzazione della giornata e 8 su 10 pensano che la soluzione migliore sia quella di inserire il capitolo smart working nei contratti nazionali.

La classifica delle priorità
Una parte interessante dell’Analisi della situazione economica e sociale è quella che riguarda le aspettative per il futuro e le priorità dei problemi da affrontare. Nelle risposte su quello che ci si aspetta e su come ci si prepara ai prossimi mesi spunta il dato positivo dei giovani. Nel pessimismo generale e pure essendo tra i soggetti più colpiti dalla crisi i giovani hanno aspettative migliori rispetto alle fasce più adulte e agli anziani. Alla domanda se le cose miglioreranno il 20% dei giovani tra i 18 e i 24 anni si dice convinto che andrà meglio, contro uno scarso 6% delle persone oltre i 65 anni. Sempre nella fascia d’età tra i 18 e i 24 anni solo il 5% dice che la situazione peggiorerà nettamente contro un 14% delle persone intorno ai 65 anni (dai 55 in su). Ma il pessimismo pervade anche quella che una volta veniva indicata come la “mezza età”. Il 24% degli intervistati tra i 45 e i 54 anni pensa che la situazione peggiorerà lievemente, che si somma però ad un 13% che immagina un peggioramento netto.Che fare dunque per invertire un trend che non ispira appunto tante speranze? E qui facciamo ricorso alle tabelle sulle risposte ad una delle domande contenute nel sondaggio. Si chiede: “Tra quelli sotto indicati, quale ritiene sia oggi il problema più grave che occorre affrontare per migliorare l’attuale qualità della vita?”. Ed è qui che la maggioranza degli intervistati risponde con il problema della disoccupazione che si conquista così il primo posto. Al secondo posto il problema dei redditi, al terzo le tasse e al quarto il costo della vita e l’aumento dei prezzi. Subito dopo arrivano altre due questioni fortemente sentite da tutta la popolazione: la sanità (a maggior ragione dopo l’emergenza pandemia) e il deterioramento ambientale. In fondo alla classifica un dato contro-intuitivo. I problemi della viabilità – pure tema centrale nelle attuali società – si classifica all’ultimo posto dopo i problemi del peggioramento delle condizioni di lavoro, della gestione dei flussi migratori, della funzionalità dei servizi sociali e del contrasto alla criminalità comune. 

Un Paese più diviso
Un ultimo dato (ma non certo in ordine di importanza) riguarda i gap tra le diverse fasce di popolazione.  Dal sondaggio di Futura emerge un Paese ancora più spaccato, sia per quanto riguarda gli effetti diversi sulle Regioni del Nord e su quelle del Sud della crisi da pandemia, sia per quanto riguarda le distanze sociali. Si scopre che il virus è un moltiplicatore delle diseguaglianze, come viene reso esplicito dalle risposte sulla situazione presente e sul prossimo futuro. Chi vive una situazione patrimoniale e finanziaria vede il futuro in una prospettiva molto più tranquilla rispetto a chi ha un lavoro precario, che non ce l'ha proprio, chi deve fare i salti mortali per gestire una famiglia. Niente di nuovo sotto il sole, direte. Ma la notizia è che il virus oltre a imporci la mascherina, ci sta anche offuscando le lenti.

La fiducia nelle istituzioni
Un capitolo dell'Osservatorio è dedicato al rapporto tra i soggetti istituzionali e i cittadini. Dalle risposte emerge un dato che risulta abbastanza intuitivo, ma non scontato. La Protezione Civile raggiunge il livello più alto di fiducia tra le istituzioni. Segue il presidente delle Repubblica. La popolazione dimostra maggiore fiducia negli enti locali (Comuni e Regioni) rispetto agli organi centrali. L’opinione sul presidente del Consiglio, in generale abbastanza positiva due mesi fa (con i sostenitori in numero superiore ai detrattori), è rimasta sostanzialmente invariata durante il periodo più difficile dell’emergenza sanitaria. Il giudizio complessivo sull’operato del governo nei due mesi precedenti il periodo d’intervista è abbastanza positivo, con i sostenitori che superano i critici. I giudizi sono migliori con riferimento alla gestione dell’emergenza sanitaria mentre sono critici rispetto alla situazione economica e sociale. Secondo gli intervistati, nella gestione dell’emergenza sanitaria si è registrato uno scollamento tra Stato e Regioni, con scarso coordinamento tra le istituzioni. Sette intervistati su 10 ritengono che la misura del lockdown sia stata sostanzialmente giusta perché ha salvato vite umane, anche a scapito dei danni all’economia che ha generato.