Il pacchetto fiscale del decreto Rilancio contiene un provvedimento che la Cgil ha contestato fin dall’inizio: la sospensione dell’Irap per tutte le aziende, sia per quelle che durante il fermo hanno perso fatturato, sia per chi l'ha visto crescere. Per questo la Cgil ha criticato il provvedimento, mentre Confindustria chiede che quella tassa venga abolita (peraltro richiesta vecchia) o almeno che la sospensione venga prolungata. Qual è il giudizio della confederazione?

È proprio sbagliata la filosofia di fondo di quella misura. Il decreto Rilancio è un grande cerotto per sostenere la fase economica difficile che stiamo attraversando. Sostiene le persone attraverso l’estensione degli ammortizzatori, sostiene la sanità e anche le imprese, con una serie di misure consistenti. Quella sull’Irap è una nota stonata perché sospende il saldo acconto per tutti, a prescindere dalle condizioni delle singole aziende. È un'operazione fuori logica. La seconda ragione della nostra contestazione è che temiamo precostituisca una definitiva eliminazione di quella imposta. Se si deve ragionare di riforma fiscale, lo si deve fare in modo complessivo, non a pezzi. Terza questione: l’Irap, com'è noto, sostiene una parte delle spese del sistema sanitario nazionale, per cui ridurre o eliminare quell’entrata in fase di pandemia è un grave errore politico. Segnalo anche che le risorse destinate alle imprese, sia dal decreto Rilancio sia da quelli precedenti, sono tantissime. Se sommiamo quelle dirette, la sospensione dell’Irap e di altre tasse, alcuni crediti di imposta, il sostegno agli affitti e i 6 miliardi a fondo perduto, arriviamo a un totale molto elevato.  Ne comprendiamo la necessità, ma non intravediamo in questi interventi nulla che prefiguri un rilancio. Si tratta ancora una volta di un intervento d'emergenza che non costruisce nulla per il futuro.

Il decreto contiene, finalmente, l’eliminazione delle clausole di salvaguardia, e questa è sicuramente una buona notizia. In Germania la cancelliera Merkel ha abbassato di 3 punti l’Iva. Uno dei problemi del nostro Paese è la riduzione dei consumi interni. Se non ripartono, come può ripartire l’economia?

Penso sia positivo avere cancellato le clausole di salvaguardia, è una zavorra che ogni anno pesa in maniera enorme sulla gestione delle leggi di bilancio.. È chiaro che la domanda interna ha bisogno di alcuni stimoli e uno può essere l’abbassamento o la rimodulazione dell’Iva, ma penso che per far ripartire i consumi occorre mettere un po’ di soldi nelle tasche delle persone e quindi sarebbe davvero opportuno che si rinnovassero i contratti. Questa settimana ne è stato siglato uno molto importante, quello della sanità privata fermo da 13 anni. Leva contrattuale e leva fiscale sono sicuramente importanti per far ripartire i consumi. Ce n'è, poi, una terza di cui si parla pochissimo. In un contesto in cui si prefigura una perdita di occupazione rilevante, la terza leva è quella della creazione di lavoro. Come? intanto vanno accantonate una serie di ipotesi contenute anche nel Piano Colao, incentivi di varia natura, contribuzioni, defiscalizzazioni. Abbiamo già dato, sia nel 2008 che nel 2015, e sappiamo che questi strumenti non servono per far ripartire l’occupazione e di conseguenza nemmeno per rilanciare il Paese. Crediamo, invece, che bisogna investire in maniera molto consistente e diffusa determinando le condizioni perché il lavoro si crei. Questo è il punto centrale che però non mi pare all’ordine del giorno. Per affrontare una crisi straordinaria come quella che viviamo non abbiamo bisogno di vecchie ricette, ma di misure straordinarie, inedite. Addirittura, io penso, dovremo mettere in campo una idea di lavoro garantito con creazione diretta da parte dello Stato soprattutto per giovani e donne.

Ha accennato al Piano Colao. Rimanendo nell’ambito fiscale, pare che vengano indicate ipotesi di condoni o simili. È così?

Vanno rigettate al mittente con forza tutte le ipotesi che provano a creare valore e risorse utilizzando strumenti tipo condoni o emersione del nero attraverso la voluntary disclosure, ma stiamo parlando di sanare danaro nascosto accumulato in modo illegale, o evadendo le tasse o attraverso attività criminali. Questo punto del Piano Colao è un gravissimo errore. Poi ce ne sono altri assolutamente non condivisibili e alcuni invece condivisibili, come la riduzione della circolazione del contante e l’incentivazione della moneta elettronica.

Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Gualtieri ha annunciato che insieme ai suoi collaboratori sta lavorando a una riforma fiscale. Va ricordato che da anni la Cgil, ma anche Cisl e Uil, hanno iniziato una riflessione su questo tema e presentato un piano. Quali sono i punti fondamentali per il sindacato di corso d'Italia?

Sostanzialmente due: ripristinare l'equità che si è persa a causa di interventi frastagliati e scoordinati degli ultimi anni; ricostruire una idea di progressività larga non soltanto rispetto alle imposte personali. Ovviamente oltre a questo bisogna mettere in campo una serissima azione di contrasto all’evasione. Riformare il fisco e sconfiggere l’evasione sono azioni indispensabili all’abbassamento delle tasse per i redditi bassi e sul lavoro. Per fare una seria riforma fiscale che riduca le tasse su lavoratori e pensionati bisogna avere le risorse. Quelle europee sono finalizzate allo sviluppo e ci verranno date solo ed esclusivamente se realizzeremo gli obiettivi condivisi con l’Europa: green new deal, digitalizzazione, resilienza economica e sostegno al lavoro. Voglio peraltro ricordare che con la legge di Bilancio si è fatto un primo intervento di riduzione del cuneo fiscale a favore del lavoro, molto importante perché ha cambiato il segno. Ora vanno sistematizzati bonus e detrazioni, va fatta una grande operazione sulle basi imponibili, e nel frattempo va riorganizzata e ridotta tutta la pletora di incentivi fiscali di varia natura che spesso vanno in automatico. Infine, vorrei ricordare che il tema della riforma fiscale riguarda moltissimo le rappresentanze dei lavoratori. Noi chiediamo impegni esigibili e vogliamo essere parte di questa discussione.

Tutti gli osservatori, gli studiosi, gli economisti affermano che la pandemia si porta dietro un aumento delle diseguaglianze. Non sarebbe il caso di ragionare attorno al tema di una patrimoniale?

Un'imposizione sulle grandi ricchezze, a partire dalle transazioni finanziarie, in questa fase è doverosa anche perché le leve che si possono mettere in campo sono moltissime. Per affrontare gli effetti economici della pandemia avremo bisogno di moltissime risorse, non basteranno quelle della Ue, dovremmo trovarne altre e possiamo correggere le distorsioni delle diseguaglianze sul versante fiscale che si sono determinate durante le due crisi precedenti il cui dato economico è stato quello di una polarizzazione della ricchezza. Allora, non penso che la patrimoniale sia l’unico strumento, ma ritengo sia uno degli strumenti con cui rimettere in campo l’idea di giustizia sociale. Ma serve una consapevolezza che mi sembra scomparsa. Le diseguaglianze c’erano già prima della pandemia, ora sarebbe un peccato se non fosse colta l’occasione per un cambiamento profondo. Sarebbe un gravissimo errore, non solo dal punto di vista sociale ed economico, ma anche democratico.