Il Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 4380/2023 pubblicata il 12/12/2023, ha accolto il ricorso giudiziario promosso dal legale Silvia Gariboldi e da Inca Milano per il riconoscimento della NASpI a un ex-detenuto che aveva svolto attività lavorativa durante il periodo di detenzione.

La storia

“L’assistito – racconta un comunicato della Cgil di Milano – è stato detenuto presso la casa circondariale San Vittore di Milano dal 17 settembre 2020 al 27 settembre 2021, giorno in cui è stato scarcerato in quanto ammesso alla misura alternativa della detenzione domiciliare, e in quel periodo ha prestato attività lavorativa per conto del ministero della Giustizia, lavorando tutti i giorni della settimana con un giorno di riposo e per tale attività è stato regolarmente retribuito e assicurato all'Inps, per cui alla data di cessazione del rapporto di lavoro presentava tutti i requisiti per il riconoscimento della NASpI”.

“L’Inps ha rigettato sia la domanda sia il conseguente ricorso sostenendo che la detenzione carcere ha caratteristiche particolari in considerazione della sua funzione rieducativa e del reinserimento sociale. Sono previsti infatti la predisposizione di una graduatoria per l'ammissione al lavoro, turni di rotazione e l’avvicendamento tra i detenuti: circostanze che, secondo l’Istituto, non possono essere assimilate al licenziamento, al quale solo è collegato il diritto all'indennità”.

“L’Inps, quindi, non contesta la sussistenza del diritto, ma, invece, il fatto che il lavoro prestato all'interno dell'istituto penitenziario abbia delle caratteristiche affatto diverse ed incompatibili con la ratio che sottende all'istituto della indennità di disoccupazione, effettuando conseguentemente una distinzione tra l’attività lavorativa svolta dai detenuti all'interno dell'Amministrazione penitenziaria e alle dipendenze della stessa e quella svolta alle dipendenze di soggetti diversi (ad es., cooperative) interni o esterni alla struttura”.

“Come noto – rileva il sindacato nella nota – tale posizione è stata assunta dall’Inps solo col messaggio n. 909 del 5 marzo 2019, senza che fosse intervenuto alcun cambiamento nella normativa: da qui la scelta dell’Inca di contrastare tale decisione, che oltre a creare una profonda disparità di trattamento, nega il riconoscimento della prestazione a soggetti che invece ne avrebbero pieno diritto”.

L’importanza della sentenza

“L’importanza della sentenza nella nostra attività di tutela – dichiara il patronato della Cgil – consiste proprio nelle motivazioni con cui viene ribaltata questa posizione dell’Istituto, affermando il seguente interessante principio: ‘(...) qualunque sia la ragione di quella disoccupazione involontaria - quale ad esempio la cessazione dello stato di detenzione del detenuto o invece l'avvicendamento al lavoro previsto da regolamenti penitenziari, al fine di consentire l'accesso l'attività lavorativa da parte di tutti - comunque si realizza quello stato di disoccupazione involontaria che giustifica la concessione della indennità’. E ancora: ‘Né esistono specifiche previsioni, da parte della legge istitutiva della Naspi, che escludano il riconoscimento della indennità ai detenuti’”.

Un importante riconoscimento

“Siamo quindi di fronte a un nuovo, importante riconoscimento, che conferma la giustezza delle nostre considerazioni, ma anche la necessità di proseguire su questa strada affinché, per il futuro, non si debba passare dalle vertenze giudiziarie per vedere riconosciuto il diritto alla prestazione per questa categoria di utenti”.

Il commento

"Non c’è due senza tre: la NASpI, indennità di disoccupazione, spetta anche ai detenuti che hanno prestato attività lavorativa per l’amministrazione penitenziaria”. A scriverlo è la Cgil di Milano in una nota di commento a questa vicenda. “Dopo la sentenza del Tribunale di Milano del novembre 2021 e quella di Busto Arsizio del luglio 2023, a ribadirlo ulteriormente una nuova sentenza del Tribunale di Milano che ha accolto il ricorso di un lavoratore detenuto seguito dalla Cgil Milano”.

“La persona, detenuta a San Vittore dal settembre 2020 al settembre 2021, quando è stato ammessa alla misura alternativa della detenzione domiciliare, ha lavorato dapprima come imbianchino e poi come inserviente di cucina. Le parole usate nella sentenza sono ancora una volta molto chiare: qualunque sia la ragione della disoccupazione involontaria, quale ad esempio la cessazione dello stato di detenzione del detenuto o invece l’avvicendamento al lavoro previsti da regolamenti penitenziari, comunque si realizza quello stato di disoccupazione involontaria che giustifica la concessione dell’indennità”.

“Non esistono specifiche previsioni, da parte della legge istitutiva della Naspi, che escludano il riconoscimento della indennità ai detenuti – ribadisce con chiarezza la Cgil di Milano –. Nessun fondamento ha quindi la posizione assunta dall’Inps, secondo il quale il lavoro prestato per l’amministrazione penitenziaria ha carattere del tutto peculiare e non può determinare l’accesso all’indennità di disoccupazione”.

“Una nuova vittoria per la dignità del lavoro e per la nostra Costituzione, che attribuisce alla pena una funzione di rieducazione e di reinserimento sociale. Una nuova vittoria contro una discriminazione odiosa alla quale la nostra organizzazione continuerà ad opporsi. Sono oramai tante le vittorie in tribunale su questo versante: alle tre sentenze lombarde se ne sommano altre nel territorio nazionale”. 

“Chiediamo con forza che Inps torni sui suoi passi e torni a riconoscere, senza la necessità di cause, la NASpI ai detenuti che hanno lavorato alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria. Noi proseguiremo la nostra battaglia, continuando a raccogliere le domande di NASpi tra i detenuti degli istituti penitenziari milanesi e presentando ricorsi di fronte ai continui dinieghi”.