È all'esame dell'Ispettorato territoriale del lavoro di Nuoro, della Asl nuorese e dell'Inps la vicenda di una lavoratrice di vent'anni, con contratto Multiservizi, licenziata dopo essere rimasta incinta lo scorso gennaio. Alla Cgil la ragazza ha anche raccontato che a dicembre la datrice di lavoro le aveva consegnato un test di gravidanza chiedendole, a fine turno e a ridosso della fine del suo periodo di prova, di farlo nel bagno della ditta, episodio avvenuto davanti a due colleghi maschi. In quella circostanza il test aveva dato esito negativo. La ragazza era stata assunta il 15 novembre scorso a tempo indeterminato e part-time, in una ditta che svolge servizi di pulizia in un'azienda di una zona industriale del Nuorese, ed era nel periodo di prova quando le è stato chiesto di sottoporsi al test di gravidanza.

“Le è sembrata una cosa strana", ha spiegato Domenica Muravera, segretaria generale della Camera del lavoro di Nuoro e della Filcams Cgil regionale, che ha impugnato il licenziamento. “Ma essendo giovane e desiderosa di mantenere il lavoro, non conoscendo i suoi diritti, ha accettato di fare il test, richiesta non legittima. È inaccettabile che un datore di lavoro eserciti il controllo sul corpo di una persona”. Ma è in seguito che la ventenne ha scoperto di essere rimasta incinta. A gennaio, allertata da continue nausee, la lavoratrice si presenta al consultorio della Asl di Nuoro dove è stato accertato che aspettava un bambino. La ginecologa dispone l'astensione anticipata dal lavoro per gravidanza a rischio per un mese, dal 18 gennaio al 25 febbraio. Il 25 gennaio la giovane si rivolge al patronato Inca Cgil per inviare la comunicazione telematica dello stato di gravidanza all'Inps e alla datrice di lavoro. Il 16 febbraio la lavoratrice segnala al sindacato di non aver ricevuto la mensilità di gennaio. Nel frattempo lo sollecita alla datrice di lavoro che, invece, le comunica, via whatsapp, di averla licenziata per giusta causa, inviandole la comunicazione Unilav.

Secondo la ditta, la gravidanza sarebbe condizione ostativa per la mansione che è chiamata a svolgere la lavoratrice, alla quale viene contestato di aver omesso di dichiarare di essere incinta. La Cgil ritiene nullo il licenziamento, in assenza di una lettera formale, e chiede il reintegro immediato della giovane. “Certi soprusi non sono accettabili”, conclude la segretaria della Filcams che sta seguendo il caso. “Mi auguro che questa vicenda sia di scuola per l'intero territorio”.