In corso a Prato Sabir, il festival diffuso delle culture mediterranee promosso da Arci insieme a Caritas Italiana, Acli e Cgil, con la collaborazione di Asgi e Carta di Roma, A Buon Diritto e Unire, e con il patrocinio e il contributo del Comune di Prato. Dalla città toscana parte una nuova stagione di lotte per i diritti dei lavoratori: l’anello più debole sono loro, i migranti.

Un appuntamento che si focalizzerà in prevalenza sulle questioni nazionali, sul tema del lavoro e della cittadinanza, sulle prospettive delle politiche di ingresso e soggiorno, ma anche di detenzione e trattenimento, delle persone di origine straniera nel nostro Paese.

La Cgil è presente in diversi appuntamenti del folto programma di questa tre giorni che si conclude sabato per poi tornare a Roma ad ottobre. All’inaugurazione la segretaria confederale Maria Grazia Gabrielli ha sottolineato che tra i diritti fondamentale della nostra Costituzione c’è anche e soprattutto il diritto al lavoro. “E solo con un lavoro stabile, sicuro, dignitoso, tutelato passa l’inclusione delle persone migranti. Attraverso il lavoro si conquista la libertà di scegliere, di autodeterminarsi, di uscire dalla condizione di povertà e marginalità che vivono sulla propria pelle le persone che arrivano da altri Paesi”.

Ospite della prima giornata il segretario generale della Cgil Maurizio Landini che ha incontrato quattro lavoratori inseriti nei percorsi di protezione del Sai, il sistema accoglienza integrazione. Mame Mor Dienghe, 38 anni, del Senegal, due giovani pakistani che devono restare anonimi per motivi di tutela e indagini, e Khalid Waqar, 34 anni, pakistano, anche lui sostenuto dalla Cgil nell’uscita dallo sfruttamento e che, dal primo maggio, chiederà il distacco dalla attuale azienda, per dedicarsi all'attività sindacale. Terribili i racconti dei viaggi, ma anche delle prime esperienze nel nostro Paese.

Intervistato dalla direttrice de La Nazione, Agnese Pini, il segretario generale della Cgil ha parlato di migranti, lavoro e inclusione. “Dobbiamo mettere in discussione il modello di fare impresa – ha detto – che si è affermato in questi anni. Non bisogna rassegnarsi e abituarsi a una precarietà legata a un certo tipo di capitalismo che vede al centro non più la mediazione sociale ma il profitto e il mercato, la mercificazione dei diritti”.

Al centro della discussione c’è la richiesta di cambiare la legge Bossi-Fini vecchia di oltre vent'anni per eliminare la ricattabilità del lavoratore. Lavoro sempre più povero, dice Landini, “per colpa delle diseguaglianze che hanno prodotto ricchezza che poi è andata in mano a pochi. E c’è il problema della sicurezza: in Italia abbiamo una media di tre morti ogni giorno sul lavoro. Si è affermato questo modello perché abbiamo avuto un cambiamento legislativo che ha favorito questo processo. Ricordo che fino al 2003 c’era una legge che stabiliva come i lavoratori impiegati in appalto avessero condizioni uguali”.