Scandio, ittrio e lantanoidi, in tutto 17 elementi chimici della tavola periodica che vengono definite ‘terre rare’, strategiche per la manifattura di tecnologie in campo civile e militare. Elementi che sono alla base di tensioni geopolitiche, causate anche dalla detenzione di quota di mercato dominante da parte della Cina, che possiede la gran parte delle riserve mondiali. Un giacimento è stato scoperto in Svezia, ma è troppo presto per stabilire se sarà funzionale a un affrancamento dell’Europa dalle risorse cinesi, anche per i problemi di sostenibilità che l’estrazione presenta.  

“Si tratta di un mercato in forte espansione che rischia di farci ricadere nelle stesse dinamiche di dipendenza che sperimentiamo con gas e petrolio – spiega Mabel Grossi dal dipartimento internazionale della Cgil -. Elementi essenziali per la produzione di pannelli fotovoltaici, batterie per i veicoli elettrici, accumulatori, turbine eoliche e chip elettronici. Sono materie indispensabili in molti processi produttivi cruciali della transizione ecologica. Si stima che entro il 2030 la nostra domanda di terre rare aumenterà di cinque volte e per quella data l’Europa avrà bisogno di una quantità di litio 18 volte superiore e di una quantità di cobalto 5 volte superiore”.

La Cina spadroneggia 

In Europa solamente Svezia, Finlandia e Portogallo hanno giacimenti. E qui entra il discorso della supremazia cinese: “Oggi delle 30 materie prime considerate critiche – prosegue Grossi -, 10 provengono soprattutto dalla Cina che peraltro produce circa il 60% delle terre rare mondiali, oltre a processare e raffinare circa l’80%, garantendosi così un ruolo centrale nella supply chain mondiale” e permettendosi il lusso di aumentare i prezzi del 50-90% in un solo anno. 

A preoccupare è quindi il crescente scontro (geo)politico tra Stati Uniti e Cina, perché “in diverse occasioni la Cina ha minacciato di ridurre o perfino vietare le esportazioni di alcune terre rare verso gli Usa e questo contribuisce a spingere i Paesi alla ricerca di nuovi centri di produzione, onde ridurre il dominio cinese. Gli Stati Uniti sono determinati a ridurre il più possibile le proprie vulnerabilità nei confronti della Cina, tanto che nel 2019 il di Dipartimento di Difesa americano iniziò le trattative con il Malawi e il Burundi per valutare il sostegno ad alcuni progetti con lo scopo di assicurarsi forniture di terre rare dal continente africano”. Al momento i maggiori giacimenti si trovano in Cina, Russia, India, Tailandia, Stati Uniti, Canada, Australia, Brasile, Malesia, Vietnam e Sudafrica. 

Le vittime 

L’estrazione delle terre rare implica lo sfruttamento di territori già martoriati e dei loro abitanti, perché è un’industria estrattiva tossica che ha un impatto drammatico su lavoratori e ambiente. Parliamo di Paesi dove i controlli sulla sicurezza del lavoro “sono vaghi se non inesistenti”, dove spesso “si ricorre alla manodopera minorile, a bambini che lavorano senza alcuna protezione, esposti a sostanze altamente nocive, e in presenza di lavoro forzato. Senza considerare le ferite lasciate sul territorio che quasi mai viene bonificato al termine dell’attività”.

“Anche le multinazionali europee hanno alimentato il lavoro minorile nelle miniere – prosegue Grossi -. È il caso di Renault, Damler e BMW coinvolte nelle controversie intorno allo sfruttamento delle miniere di cobalto in Repubblica Democratica del Congo. Proprio lì dove è concentrato il 64% dell’estrazione del prezioso minerale. Cobalto ancora indispensabile per le batterie dei motori elettrici”.

L'Europa, l'Italia e il sindacato

Le speranze di molti, sensibili al problema, sono in una posizione europea e italiana che si differenzi anche per la storia sindacale del continente e del Paese. Grossi ci fa sapere che in sede europea “si è deciso di mettere a punto una legge su questo delicatissimo tema”, con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha presentato la nuova norma, l’European Critical Raw Materials Act, sottolineando che “presto il litio e le terre rare diventeranno più importanti del petrolio e del gas”.

La Convenzione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil) sulla sicurezza e la salute nelle miniere regola poi i vari aspetti delle caratteristiche di sicurezza e salute per il lavoro in miniera, tra cui l'ispezione, i dispositivi di lavoro speciali e le attrezzature di protezione speciali per i lavoratori. Inoltre, prescrive i requisiti relativi al salvataggio in miniera.

In Italia, dove per altro si raccolgono annualmente circa 300.000 tonnellate di apparecchiature elettriche ed elettroniche dalle quali recuperare tutte le materie contenute, “prova a prendere una posizione di testa in questa corsa, con il governo che firma il decreto interministeriale per formalizzare il tavolo tecnico ‘Materie Prime Critiche’- conclude Mabel Grossi - . L’obiettivo è contribuire alla creazione di condizioni normative, economiche e di mercato per un approvvigionamento sicuro e sostenibile di queste preziose risorse”. Un’operazione che, al momento, sembra rimanere più che altro una dichiarazione d'intenti.