Alla base c’è un fatto vero: la mobilitazione delle lavoratrici degli hotel di lusso parigini, in particolare quello dell’Ibis Batignolles, dove incrociarono le braccia per ventidue mesi (da luglio 2019 a maggio 2021), lo sciopero più lungo nella storia del settore alberghiero francese. L’obiettivo era ottenere il miglioramento delle condizioni normative e salariali: le donne riuscirono nel cimento grazie al loro impegno, naturalmente, ma anche con l’aiuto importante del sindacato Cgt.La vertenza ebbe una peculiarità, tre la varie: le lavoratrici dell’Ibis davanti all’ingresso dell’hotel misero in scena una “Settimana della Moda”, sfilando e ballando coi loro vestiti migliori, per attirare l’attenzione mediatica della protesta. Come a dire: ve lo facciamo vedere noi il lusso. Una strategia che si rivelò vincente.

La storia ora è diventata un film: Uno sciopero a 5 stelle di Nessim Chikhaoui, che arriva nelle sale italiane il 24 luglio, distribuito da 102 Distribution e Unicorn (titolo originale: Petites Mains, piccole mani). Il riferimento alle “cinque stelle”, ovvio, non ha valenza partitica ma sta ad indicare il lusso seminato negli hotel: la paga di una lavoratrice, si dice a un certo punto, è molto inferiore al prezzo di una coca-cola acquistata nella struttura. Differenze scandalose, inaccettabili, che chiunque dovrebbe stigmatizzare e che invece proseguirono per decenni, fino appunto a tale protesta.

Il racconto si apre dalla prospettiva di una giovane di ventuno anni: è Eva, interpretata da Lucie Charles-Alfreds, prende servizio come una nuova cameriera in un hotel di lusso della capitale. La protesta è già in atto, non sta bene sostituire una collega in sciopero, così si fa la figura dei crumiri – le viene detto – ma tutto sommato la giovane viene accolta bene dalle ragazze. L’intreccio parte così dal singolo per poi aprirsi alla coralità, con lo scopo di comporre un affresco complessivo delle lavoratrici nelle loro caratteristiche: c’è la caposervizio, costretta a vigilare sulle altre nella classica guerra tra povere, ci sono le nuove arrivate e le più mature.

Su tutte spicca Simone, incarnata in una magnifica Corinne Masiero, che è una lavoratrice anziana e soffre di un terribile mal di schiena, dopo decenni passati a spolverare e rifare letti non riesce più a piegarsi, è segnata da lancinanti dolori ma deve continuare, perché dello stipendio non può comunque fare a meno. Il lavoro è la sua vita, sostiene.

C’è però un comune denominatore tra le donne che incontriamo nei corridoi di lusso: sono tutte sfruttate. In maggioranze nera, giovani o vecchie, diverse tra loro, si ritrovano sul terreno comune delle condizioni inaccettabili, dalle retribuzioni molto basse – doppia vergogna perché al servizio dei super ricchi – alle mancate tutele, l’assenza di riposo e diritti.

Uno Sciopero a 5 Stelle sceglie un registro popolare per inscenare la vicenda: non è un dramma sociale alla Ken Loach, non manca di speranza, anzi con una certa ironia segue il percorso verso la presa di coscienza della giovane protagonista, che da ignara arriverà a partecipare allo sciopero. Il punto di approdo, ciò a cui tutto tende, è il momento straordinario della “Settimana della Moda”: messa in atto come una vera e propria provocazione dalle lavoratrici, in antitesi ai vestiti eleganti che passano loro davanti ogni giorno, decidono di riprendersi la scena dimostrando che la bellezza non dipende dal conto in banca. Tutt’altro. Risultato? La proprietà è costretta ad aprire una trattativa, che porterà poi all’accordo per retribuzioni decenti e condizioni migliori.

Iscritto nell’alveo del cinema francese, sempre raffinato e stratificato anche quando “medio”, il film dimostra di aver imparato una lezione: quella di usare un linguaggio per tutti, non ostico né troppo autoriale, per diffondere al meglio la questione trattata. Come fece Nigel Cole in We Want Sex, che raccontava la storica vertenza delle tessili di Dagenham per la parità salariale, così il regista Nessim Chikhaoui rappresenta con levità e intelligenza un problema dell’oggi, la condizione delle lavoratrici del lusso che chiedono solo di tirare a campare.