Vincitore del Premio Strega, direttore artistico del Salone internazionale del Libro di Torino sino allo scorso anno, Nicola Lagioia è stato tra i promotori del video disponibile sulla rivista di approfondimento culturale Lucy, che ha raccolto le voci di 53 scrittori e scrittrici per leggere insieme il monologo sul 25 aprile di Antonio Scurati censurato dalla Rai, vicenda al centro della discussione politica e culturale di questi giorni. Gli abbiamo rivolto alcune domande.

Lagioia, come mai questo gesto “militante” così repentino, a poche ore dalla denuncia della giornalista Serena Bortone?

A me sembra che sabato scorso si sia passato proprio il segno, e lo dimostra la mobilitazione che ne è seguita, diversa dalle precedenti contro questo governo. Me ne sono reso conto anche con quello che abbiamo provato a fare su Lucy, questa lettura collettiva da parte di 50 e più scrittori e scrittrici che leggevano il monologo di Scurati. Un’adesione altissima, non abbiamo neanche fatto in tempo a far intervenire tutti quello che avrebbero voluto.

Torna dunque l’impegno degli intellettuali in politica…

Vorrei fosse chiaro che mi occuperei volentieri d’altro. Non sono un’attivista, vorrei scrivere libri, fondamentalmente occuparmi di letteratura. Però in certi casi uno sente il bisogno di intervenire anche come cittadino, perché questo è stato l’ennesimo episodio, in un anno e mezzo di governo, che fa capire come questa maggioranza sia del tutto allergica a ogni tipo di dissenso, un dissenso che reprime o attraverso i manganelli, come nel caso degli studenti a Pisa, o attraverso la querela, come nei casi Canfora e Saviano, o attraverso la censura, come nel caso di Scurati. E non solo.

C’è dell’altro?

Cosa ancor peggiore dal punto di vista istituzionale, non di rado i ministri della stessa Presidente del consiglio, o alcuni parlamentari, si sono scagliati contro singoli intellettuali, marcando un importante sproporzione di forze. Perché un politico ha alle sue spalle un apparato, un partito, dei soldi, a volte anche i media e i giornali, oltre i propri seguaci, e li scaglia contro un singolo scrittore o una singola scrittrice che alle sue spalle non ha altro se non i propri libri, la scrittura delle proprie parole, magari un po’ di prestigio, che loro cercano di infangare. Poi, se posso, vorrei farla io una domanda…

Prego.

Ce li immaginiamo i politici della prima Repubblica, gli Andreotti, i Craxi, per non parlare di De Gasperi, di Aldo Moro, di Enrico Berlinguer, fare una cosa del genere? Io no, non riesco proprio a immaginarli, perché avevano prima di tutto un senso alto delle istituzioni, molto più alto di chi ci governa adesso; e poi erano più forti, erano più solidi. I politici di oggi in realtà sono fragili, dei prepotenti e dei fragili. e come tutti i prepotenti che sono anche fragili, poi diventano violenti.

C’è chi dice che ogni occasione è buona per criticare questo governo. È così?

Questo governo dal punto di vista economico ci sta facendo rimanere indietro rispetto agli altri Paesi europei, come del resto è stato negli ultimi anni. Ma non c’è nessun miglioramento, anzi: il Pnrr da questo punto di vista non stanno riuscendo neanche a sfruttarlo, mostrando una certa incapacità in quanto a politiche tecnico-economiche.

Si potrebbe obiettare che non spetta agli scrittori discutere di economia...

E allora dico che dal punto di vista culturale sono un disastro, e se posso aggiungo che dal punto di vista dei diritti stanno facendo arretrare il Paese di decenni, oltre che cercare di reprimere il dissenso in ogni modo, laddove il dissenso è il sale della democrazia. Per loro, invece, se proprio si deve criticare bisognerebbe farlo in punta di fioretto, ma è ovvio che il dissenso in punta di fioretto non scalfisce nessuno. Il dissenso è anche duro, come quello di Scurati; ma se tu ti comporti così, automaticamente diventi loro nemico e ti scatenato contro i loro media, i loro giornali, e così via. Teniamo presente che parliamo di un governo, per quanto riguarda i canali televisivi, che da una parte controlla la Rai, mentre dall’altra Mediaset è stata fondata da chi ha fondato anche uno dei partiti di maggioranza. La sproporzione di forze è enorme.

Ci sono somiglianze con il fascismo del ventennio?

Il problema di fondo è che ci troviamo di fronte un governo che non riesce a fare i conti non solo con il passato, ma neanche con la tradizione di questo Paese. Quando dicono di amare la tradizione mi chiedo sempre: a quale tradizione si riferiscono? Perché noi abbiamo una tradizione repubblicana e democratica, e dunque antifascista, perché la nostra Costituzione nasce come Costituzione antifascista.

Eppure molti italiani sempre di più amano definirsi “anticomunisti”. Basta tuffarsi nel mare agitato dei social network…

Vorrei sottolineare che dire “antifascista” non significa dire “di sinistra”. L’antifascismo è di destra, di sinistra e di centro. Gli antifascisti al tempo della Resistenza erano comunisti, cattolici, socialisti, liberali, persino monarchici. Quindi da una parte l’antifascismo non è un monopolio della sinistra, nella maniera più assoluta, e se la sinistra ritiene di essere l’unica depositaria dell’antifascismo si sbaglia; al tempo stesso, chi non si dice antifascista non è un degno italiano, è un indegno, un traditore della patria, come furono i fascisti che si allearono con i nazisti di Hitler.

Come se ne esce?

A ben pensarci è molto semplice, anche perché è la prima volta che un governo italiano si mostra così incapace di fare i conti con la storia di questo Paese, e con la sua tradizione democratica. Prima lo fa e meglio sarà per tutti.

Non si sta forse ingigantendo troppo la questione, compreso il caso Scurati?

Non credo. Avevo già avvertito l’anno scorso che poteva esserci il rischio di una tentazione autoritaria da parte di questo governo, ma io stesso pensandolo mi chiedevo se non stessi esagerando, che era presto per dirlo, perché alcune cose erano ancora poco chiare. Adesso, dopo più di un anno, mi pare invece che la situazione sia evidente a molte persone: c’è qualcosa che non va, e per fortuna incomincia ad esserci un risveglio della società civile, stanca di episodi di un certo tipo. Che episodi non sono più.