Dopo le elezioni politiche del 18 aprile 1948, che vedranno la netta affermazione della Democrazia cristiana e la sconfitta del Fronte popolare (Pci e Psi), e dopo l’attentato a Togliatti del 14 luglio, cui la Cgil reagisce con lo sciopero generale politico, la corrente democristiana decide la scissione. Il periodo delle scissioni sindacali si protrarrà per circa due anni, dall’estate del 1948 alla primavera del 1950.

La fase successiva alle scissioni sarà una delle più difficili per il sindacato italiano. La repressione poliziesca, condotta dalla famigerata “Celere” potenziata dal ministro degli Interni Mario Scelba, causerà la morte di decine di lavoratori durante manifestazioni e scioperi. La Cgil prova a uscire dall’isolamento attraverso una proposta politica forte, lanciata al II Congresso di Genova del 1949 e nota con il nome di “Piano del Lavoro”.

Nel dicembre di quell’anno Giuseppe Di Vittorio pubblica, augurando buon anno “a tutti i compagni lavoratori”, su Lavoro l’articolo che riproponiamo nella sua interezza. Aggiungendo - permettetemelo - “a tutte le compagne lavoratrici”, Buona Memoria e Collettiva augurano a tutte e tutti noi Buon anno che sia un anno di “Pane, lavoro, pace”.

A tutti voi, lavoratori italiani manuali ed intellettuali, delle città e delle campagne, d’ogni professione e d’ogni corrente, la vostra grande Cgil unitaria invia un fraterno saluto augurale, con l’auspicio che il nuovo anno rechi a voi ed alle vostre famiglie un po’ più di benessere, una maggiore tranquillità ed una più grande fiducia nella conquista d’un migliore destino, per tutto il popolo nostro.

Questo auspicio della Cgil esprime il suo proposito fermo e risoluto di operare concretamente per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori.

L’anno che si chiude non è stato favorevole per gli italiani che vivono esclusivamente del proprio lavoro. La Cgil, le Federazioni di categoria e le Camere del Lavoro hanno dovuto lottare duramente, in vari settori, per difendere il vostro tenore di vita attuale - che pure è troppo basso - per ottenere lievi miglioramenti, come quelli relativi alla rivalutazione salariale delle categorie, nell’industria, nel commercio e nei servizi vari.

Più duramente ancora si è dovuto lottare per impedire decine di migliaia di licenziamenti di operai ed impiegati che si volevano e che si vorrebbero ancora effettuare. Laddove la Cgil è forte ed i lavoratori sono uniti, si è riusciti ad evitare o ridurre i licenziamenti. Questo successo è positivo, anche per l’economia generale, giacché gli industriali sono stati stimolati ad escogitare nuove possibilità di lavoro produttivo, per utilizzare la mano d’opera che non hanno potuto licenziare.

Fra i successi più notevoli della nostra azione sindacale del 1949, segnaliamo le meritate vittorie dei lavoratori più poveri e mal retribuiti d’Italia: i braccianti e salariati agricoli, che hanno ottenuto miglioramenti salariali e maggiori possibilità di lavoro, oltre al riconoscimento legale, anche per loro, del diritto di sussidio di disoccupazione.

Una particolare menzione meritano le prime vittorie dei contadini poveri senza terra del Mezzogiorno, delle Isole e del Lazio, nell’occupazione e relativa assegnazione di terre incolte o mal coltivate; vittorie ottenute con l’appoggio di tutti i lavoratori italiani e che aprono la strada alla riforma più urgente per il progresso economico e civile dell’Italia: la riforma agraria.

A coloro i quali pretendono che l’azione sindacale danneggi la produzione, rispondono i fatti. Nel ’49, la produzione del grano è stata superiore del 12 per cento, e la resa per ettaro superiore del 10 per cento, sul 1948. A questo progresso ha contribuito indubbiamente l’imponibile di mano d’opera, ottenuto con la nostra azione sindacale, che costringe tanti proprietari a coltivare meglio le loro terre.

Un motivo di profondo malcontento di tutti i lavoratori italiani è il fatto che i dipendenti pubblici (impiegati, funzionari, maestri e professori, ferrovieri, postelegrafonici, ecc.) che costituiscono un settore retributivo fra i più depressi, non siano riusciti entro l’anno decorso ad ottenere quei miglioramenti economici che furono solennemente promessi in Parlamento, e che – a parole – tutti riconoscono giustificati. Bisognerà riuscirci.

Intollerabile permane la situazione dei nostri vecchi e dei pensionati di tutte le categorie: la Cgil manterrà il suo impegno d’onore di operare attivamente per sollevare i pensionati d’Italia dalla loro attuale condizione di miseria e di disperazione, per cui tutti i lavoratori italiani se ne sentono umiliati e offesi.

Il problema più angoscioso che pesa su tutta la vita della Nazione, che ha messo nell’impossibilità di vivere milioni di famiglie italiane e che mantiene in uno stato di permanente incertezza la vita di tutti i lavoratori, è la piaga cronica della disoccupazione totale o parziale.

Bisogna uscire da questa situazione insostenibile.

Come uscirne? La Cgil ha indicato la via col grande piano economico costruttivo, che essa ha proposto al Paese.

L’accoglienza generalmente favorevole che questo piano ha avuto nella stampa di ogni colore e da parte di tecnici di valore e di larghi strati dell’opinione pubblica, è uno dei fatti più positivi del 1949, perché apre una buona prospettiva per l’anno nuovo. Col piano della Cgil è possibile eliminare la disoccupazione ed utilizzare l’immensa energia di 2 milioni di italiani, per costruire centrali elettriche, case popolari, scuole, ospedali, come per bonificare ed irrigare le nostre terre, aumentando in misura notevole la produzione e la ricchezza nazionale e portando l’Italia ad un livello di vita e di civiltà.

I mezzi finanziari? Ci sono! L’Italia spese 3000 miliardi di lire attuali per la sola guerra d’Etiopia, Perché non dovrebbe trovare uguale somma per realizzare il piano confederale, che non è un piano di morte e di rovine, ma di lavoro, di vita e di benessere generale? Basta volerlo. Ed il popolo lo vuole.

Ma per operare questo grande rinnovamento economico e civile dell’Italia, occorre la pace. Bisogna dunque difendere la pace fra tutti i popoli, contro i pericoli di guerra che si moltiplicano, da parte dell’imperialismo americano.

Il popolo, che già soffre atrocemente disoccupazione e miseria, è ora maggiormente angosciato dai concreti preparativi di guerra americani, dall’annuncio dell’arrivo in Italia di armi e di veri e propri governatori americani. Il popolo sa bene che le armi, che le bombe atomiche attirano altre bombe atomiche. Il popolo non vuole armi, né governatori stranieri, non vuole la guerra, non vuole che l’Italia divenga un campo di battaglie distruttive. Il popolo italiano vuole la pace con tutti i popoli (…).

Lavoro, pane, pace: in queste tre parole si compendiano il piano della Cgil e il suo programma d’azione pel nuovo anno.

La Cgil chiude il 1949 con circa 5 milioni e mezzo di iscritti. Nel 1950 saremo ancora più numerosi.

Ciò significa che il proletariato italiano è rimasto e rimarrà unito nella sua grande famiglia unitaria. Unità, fratellanza e solidarietà fra tutti i lavoratori, daranno alla nostra Italia l’impronta sana e serena del lavoro, fonte di vita, di civiltà e di pace.

L’avvenire è nel lavoro.

Buon anno, compagni lavoratori!

«Lavoro», n. 1, 1-7 gennaio 1950.