Il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche arrivano per prime presso la città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), scoprendo il vicino campo di concentramento e liberandone i superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelano compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazifascista.

Una data, quella del 27 gennaio, scelta dall’Onu (risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, 42ª riunione plenaria) come ‘giorno della memoria’, per commemorare le vittime del nazismo e dell’olocausto e in onore di coloro che, a rischio della propria vita, hanno protetto i perseguitati (l’Italia ha formalmente istituito la giornata della Memoria nel 2000, alcuni anni prima della corrispondente risoluzione delle Nazioni Unite).

Una storia quella dell’antisemitismo in Italia strettamente collegata al fascismo, ma che ha, in effetti, radici più antiche.

La storia dell'antisemitismo in Italia

Il 29 marzo 1516, a Venezia, nasce il primo ghetto e il 12 luglio del 1555 papa Paolo IV istituisce con la pubblicazione della bolla Cum nimis absurdum il ghetto ebraico di Roma. Dando seguito alle disposizioni del Concilio Lateranense la bolla pone una serie di limitazioni ai diritti delle comunità ebraiche presenti nello Stato Pontificio. In particolare impone agli ebrei l’obbligo di portare un distintivo colorato per favorirne l’identificazione, li esclude dal possesso di beni immobili, vieta ai medici ebrei di curare cristiani sancendo la costruzione di appositi ghetti entro i quali avrebbero dovuto vivere.

È la prima delle bolle papali che lo storico Attilio Milano qualificherà - insieme alla Hebraeorum gens (1569) e alla Caeca et obdurata (1593) - come bolle infamiIl fascismo riprenderà buona parte del contenuto delle bolle infami, e ne applicherà le norme in periodi diversi.

Al Regio decreto legge del 5 settembre 1938 che fissava Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista e a quello del 7 settembre che fissava Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri fa seguito, il 6 ottobre una Dichiarazione sulla razza emessa dal Gran consiglio del fascismo. Tale dichiarazione viene successivamente adottata dallo Stato sempre con un Regio decreto legge che porta la data del 17 novembre dello stesso anno.

“È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti”, candidamente sanciva La difesa della razza del 5 agosto 1938 (anno I, numero 1) ripubblicando il Manifesto della razza (o Manifesto degli scienziati razzisti) uscito su Il Giornale d’Italia il 14 luglio 1938.

Il Regio decreto legge n. 1728 (Provvedimenti per la Difesa della Razza Italiana) stabilirà, nel novembre successivo, il divieto di matrimoni misti tra cittadini italiani di razza ariana con persone appartenenti ad altra razza. Agli ebrei sarà proibito anche prestare servizio militare o come domestici presso famiglie non ebree, possedere aziende con più di 100 dipendenti, essere proprietari di terreni o immobili oltre un certo valore, essere dipendenti di amministrazioni, enti o istituti pubblici, banche di interesse nazionale o imprese private di assicurazione.

Con la Disciplina dell’esercizio delle professioni da parte di cittadini di razza ebraica del 29 giugno del 1939 verranno imposte limitazioni e divieti anche all’esercizio della professione di giornalista, medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale. Seguirà l’espulsione totale degli ebrei dall’esercito, il divieto di pubblicazione e rappresentazione di libri, testi, musiche ebree, il divieto di iscrizione nelle liste di collocamento al lavoro.

L'antisemitismo oggi

“Forse non tutti sanno - diceva qualche anno fa la senatrice Liliana Segre - che l’orrore in effetti non finì il 27 gennaio 1945. Noi detenuti ancora in vita alcuni giorni prima eravamo stati costretti a spostarci verso ovest, verso il cuore della Germania. Iniziò allora la cosiddetta “marcia della morte”. Il freddo, il gelo, la fame, lo spossamento fisico portarono alla morte di altre migliaia di persone. Arrivammo in poche decine. Fummo liberi solo i primi di maggio del 1945”. “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare” e “le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”. Anche oggi.

Nel gennaio del 2020 l’Euromedia Research di Alessandra Ghisleri pubblicava su La Stampa un’estesa e approfondita indagine sull’antisemitismo in Italia (Committente: Solomon - Osservatorio sulle discriminazioni, Periodo di rilevazione: 28-30/11/2019, Campione: 1.000 interviste). Si dichiara apertamente antisemita il 6,1% degli interpellati. La percentuale dei negazionisti della Shoah si aggira intorno all’1,3%,

Fra i dichiaratamente antisemiti il 49% motiva i propri sentimenti per lo strapotere economico degli ebrei, mentre quasi il 47 perché imputa agli ebrei di sentirsi una razza superiore (nel questionario a risposta multipla si imputano come “colpe” per l’11,6 che gli ebrei dispongano di un preponderante potere economico-finanziario internazionale, per il 10,7% che si prendano cura solo della propria comunità religiosa e non della società in cui vivono, per 8,4% che si sentano superiori agli altri, per il 5,8% che abbiano responsabilità dirette nei conflitti nel mondo).

Meditiamo. Perché questo è stato. Perché questo è.