Il disegno di legge 2147 sul cinema, attualmente in esame in Parlamento, riguarda nello specifico le imprese cinematografiche e audiovisive indipendenti, allo scopo di riformare un sistema produttivo che troppo poco favorisce, ancora, il pluralismo culturale e il consolidamento economico e occupazionale del settore. Restano tuttavia irrisolti, secondo il sindacato, una serie di nodi, che rischiano di trasformare questo progetto di legge nell’ennesimo tentativo non pienamente riuscito di riforma del cineaudiovisivo. Per queste ragioni la Slc Cgil ha chiesto un’audizione in Senato, che si terrà questo pomeriggio alle 15.00, per sollecitare una discussione su alcuni aspetti. In particolare, la definizione stessa di produzioni e opere indipendenti, che resta a giudizio della Slc Cgil ancora troppo “nebulosa”. La pratica invalsa – e rafforzata dalla legge 220 del 2016 attualmente in vigore- è stata quella dei finanziamenti a pioggia destinati prevalentemente alle imprese italiane mainstream, che poi in alcuni casi sono state anche cedute a investitori stranieri. Per non parlare di come, soprattutto dalla pandemia in poi, la presenza delle piattaforme ott sul mercato lo ha radicalmente ridisegnato.

Oggi le imprese, i produttori e le opere indipendenti faticano ancora moltissimo a venire fuori ed essere fruiti da un pubblico ampio. La distribuzione e la diffusione restano una montagna ardua da scalare, su cui centinaia di bei film di qualità scivolano rovinosamente, senza mai riuscire a vedere la vetta. “Con le attuali definizioni – scrive la Slc Cgil in una nota-  i produttori italiani sono tutti indipendenti, salvo rarissime eccezioni. Una definizione più precisa consentirebbe un migliore indirizzo dei fondi pubblici verso queste specificità”.

La prova più schiacciante ce l’ha fornita la pandemia. Le imprese medie e grandi sono riuscite a riprendere (o persino a non sospendere) la loro attività produttiva, sostenute dall’investimento pubblico e da protocolli sanitari che hanno consentito di lavorare in sicurezza. Ma dall’altra parte, sono state enormi le difficoltà incontrate da piccole e micro imprese cui l’accesso al credito è interdetto. Una sorta di “effetto San Matteo”, che rende impossibile ottenere gli incentivi per la produzione proprio a quelle imprese che sono invece individuate nell’ambito dell’eccezione culturale, e che oggi rischiano l’estinzione. Se non si sono già estinte. Il settore cineaudiovisivo italiano è fatto di una grossa fetta di produzioni indipendenti, che vuol dire imprese per lo più micro e piccole, caratterizzate da atipicità dei processi produttivi, non in grado di sostenere la produzione in maniera autonoma e libera. Intervenire per finanziare più e meglio queste realtà significa - come spiega il sindacato-  anche evitare che il costo del lavoro sia sempre al ribasso, favorire la diffusione di lavoro “regolato e retribuito per il proprio valore”, a fronte di una crescita occupazionale e di figure professionali nuove che non sono però tutelate per via contrattuale.