Pubblichiamo un racconto inedito di Maddalena Fingerle, fresca vincitrice del Premio Calvino col romanzo «Lingua madre». L’autrice, nata a Bolzano nel 1993, è di cognome tedesco ma di lingua madre italiana. Suoi racconti sono apparsi su Nazione Indiana, Neutopia, CrapulaClub.

 

Siamo in tre: lei, lui e io. Per noi il lavoro è tutto e non è niente perché lavoriamo sempre e non lavoriamo mai. Io dipingo, lui scrive, lei suona. Colori a olio, tesi di dottorato, violino. E sì, veniamo pagati. E no, non abbiamo un altro lavoro, un lavoro vero. Lei mi dice, con una sigaretta spenta in bocca, tra i denti, che dovremmo iniziare a lavorare insieme, noi due. Ma voi mica lavorate, noi mica lavoriamo, dice lui, facendo il verso alla madre, al padre, al barista, agli amici, agli zii, ai nonni. Dovremmo iniziare insieme a smettere di lavorare, dice lei, accendendosi la sigaretta. Non si rivolge più solo a me, si rivolge a noi, anche a lui. Iniziamo insieme a smettere di lavorare, allora, dico io, così iniziamo a lavorare. Decido che un lavoro vero che mi piace è l’idraulico. Voglio fare, anzi no, voglio essere un idraulico. Va bene a tutti, anche lei va bene, anche a lui va bene, vogliamo essere idraulici, vogliamo riparare guasti e malfunzionamenti.

Iniziamo da domani che ormai è oggi e quando mi chiama una signora perché le si è rotto il rubinetto io sono felice anche se mi dispiace che le si sia rotto il rubinetto, ma sono felice per me e anche per lei perché posso dire: ci penso io e realizzo che sto per lavorare, lavorare per davvero e ne sono orgoglioso, sono proprio fiero di me. Ma io non lo so, come si aggiusta un rubinetto che perde e me ne accorgo solo quando sento la presenza del figlio della signora che mi fissa e pensa: questo non ce la può mica fare. Io non l’ho mai aggiustato, un rubinetto, ci vuole pazienza, con me. Faccio del mio meglio, mi impegno, sudo, ce la metto tutta; evidentemente basta questo perché il rubinetto smette di perdere e io non sono mai stato così felice, così soddisfatto, così stanco e sudato e ora stacco.

Sì, stacco dal lavoro e non so come si faccia perché in genere io non lavoro mai e lavoro sempre ed è bellissimo staccare dal lavoro perché ora sono libero e non so proprio cosa farmene della mia nuova libertà, così, arrivato a casa, rompo apposta il rubinetto del bagno e lo aggiusto e lo rirompo e lo riaggiusto ed è stupendo lavorare e smettere di lavorare: il mio lavoro inizia con il problema e finisce con la soluzione del problema, non mi accompagna tutto il giorno e tutta la notte e così decido che per oggi va bene così, adesso stacco dal lavoro, per davvero. Anche lei e anche lui staccano dal lavoro e vengono da me a cena e come sempre ma come mai abbiamo fatto parliamo di lavoro, del nostro nuovo lavoro. Non ho voglia di cucinare perché sono stanco e sudato e vorrei farmi la doccia ma non voglio lasciarli da soli e quindi non me la faccio e ordino le pizze e le birre, mangiamo e beviamo sul terrazzino. Ora facciamo, anzi: siamo degli idraulici e ora per noi il lavoro non è più tutto e non è più niente e non è più come prima, che lavoravamo sempre e non lavoravamo mai, ora lavoriamo e poi stacchiamo e la sera mangiamo la pizza sul terrazzino e abbiamo la testa libera e beviamo la birra e non pensiamo più sempre e solo al lavoro, o forse un po’ sì, ma va bene, perché è tutto così nuovo e quindi va bene che ne parliamo, è normale.

Parliamo delle case in cui siamo stati, delle persone che abbiamo incontrato, ci sentiamo realizzati, ora, tutti e tre. Lei si alza e va in bagno e quando torna mi dice che c’era un problema con il rubinetto del bagno, ha provato a ripararlo, ma ha solo peggiorato la situazione e mi dice: ti prego non andare a vedere, mi vergogno. Io non posso andare a vedere perché me l’ha chiesto lei e non voglio che stia male per colpa mia, lei, così le dico: tranquilla, è solo un rubinetto, che cosa vuoi che sia?

Ridiamo e siamo felici e siamo leggeri. Poi squilla il telefono di lui, lui risponde e dice mi dispiace e dice grazie e quando finisce la telefonata ci guarda e non dice più niente. Lei chiede: allora? E lui dice che è la signora di oggi, che il rubinetto ha ricominciato a perdere più di prima, ma adesso perde lettere e parole e frasi e che loro ne hanno riempiti secchi e secchi e poi hanno provato a berle e a lavarsi con le lettere e si sono costruiti oggetti e ora dicono passami il l-a-t-t-e e se vuole andare a riprendersi le sue parole può farlo, ma altrimenti va bene anche così, non c’è problema, in realtà. Le lettere ormai sono nei loro corpi, sui loro corpi e compongono la tesi che lui non ha scritto, che ormai non scriverà più, che forse ha già scritto. Mi passi il b-u-r-r-o? Le lettere le prendi dal lavandino che le sputa e le bevi, ti ci lavi, ma è fantastico! Lo dico io, lo dice lei, ma niente: lui si vergogna, ha fallito, non è riuscito ad aggiustare il guasto, il malfunzionamento, l’ha solo peggiorato.

Lei dice che è successa la stessa cosa anche nel mio bagno, ma prima con i colori a olio, poi, quando ha provato lei, con i suoni. Andiamo a vedere? Andiamo a vedere e dal rubinetto cola colore, esce una strana, scomposta melodia lontana. Mancano solo le parole, guardiamo lui, ma lui non ne ha più, dice, va in pensione, dice, è sconvolto, dice, la mia tesi, la mia tesi è in quella casa, dice. Chiamo un idraulico. Un idraulico vero. Io, un idraulico, chiamo un idraulico e gli spiego che il mio rubinetto del bagno sputa colore e suoni e che noi una volta, in un’altra vita, ormai molto, molto lontana, dipingevamo e suonavamo e lui ride, dall’altra parte. Verrà domani mattina, ora mica lavora. Lo aspettiamo tutta la notte e intanto arrivano le chiamate dei clienti che hanno colori e suoni nelle loro case al posto dell’acqua. Sono lamentele, un po’ divertite, forse, più per la musica che per il colore perché il colore puzza e macchia e resta sullo stomaco e non va più via.

L’idraulico non arriva e noi lo aspettiamo, seduti sul terrazzino, tanto lo sentiamo quando arriva e infatti quando arriva è mattina e noi siamo stanchi e lo sentiamo arrivare. Aggiusta il rubinetto e quando finisce esce acqua, solo acqua. Le parole sono dove dovrebbero essere le parole, i colori sono dove dovrebbero essere i colori, i suoni sono dove dovrebbero essere i suoni. Dovremmo iniziare insieme a smettere di smettere di lavorare, ci dice lei. Ma a me questo mio nuovo lavoro piace, dico. Sei un delinquente, dice lui, ma lei sorride.