BRUXELLES - “Abbiamo scelto di presentare la Carta dei diritti universali del lavoro al Parlamento europeo perché non si esce dalla crisi, né in Italia né in Europa, se non si ricostruiscono i diritti del lavoro”. A dirlo è il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, da Bruxelles, dove stamattina (4 maggio) una delegazione del sindacato ha presentato il nuovo Statuto. "Quella per i diritti del lavoro – ha precisato – è una battaglia che unisce tutti i sindacati europei nella ricostruzione di un sistema che è stato via via sgretolato negli anni e nei diversi paesi da ripetuti interventi normativi. Dal Jobs Act alla Loi travail in queste ore in discussione – ha aggiunto –, non parlerei di riforme, bensì di adeguamenti alla logica liberista che tanti guai sta creando, a partire proprio dalla crisi che attraversa l'Europa e il resto del mondo".

Un confronto importante con i leader dei sindacati e della politica europea, anche per contrastare la crisi di valori che sta attraversando il Vecchio Continente. "Il tema che devono affrontare oggi tutti i sindacati, italiani e europei, è come si riconquista una capacità di rappresentanza dentro un mondo del lavoro che si è frantumato; dare risposte al cambiamento del lavoro e il mantenimento del valore dei diritti nel cambiamento”. Per la Cgil la soluzione è nella proposta di un nuovo diritto del lavoro che torni a unificare e a riconoscere tutele e diritti fondamentali a tutti.

Da Bruxelles, dove oggi si discute una proposta di riforma del regolamento di Dublino sul diritto di asilo, Camusso lancia anche una stoccata ai vertici continentali sulla gestione della crisi dei profughi. “L'Europa è in ritardo. Il risorgere muri e dei fili spinati tradisce lo spirito originario dell'Unione che era esattamente il contrario, cioè la costruzione della pace dopo le divisioni, le rotture e i massacri della seconda guerra mondiale. È la miopia di un mondo che si immagina di poter contrastare le migrazioni, che si immagina autosufficiente, nonostante la natalità in continuo calo. Di chi pensa – ha concluso – che si possa continuare a rimanere la parte ricca del mondo mentre il resto va in povertà”.

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