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Si svolge oggi, 14 aprile, a Roma, alle 9,30 presso il Teatro dei Dioscuri, il convegno organizzato da Cgil, Silp, Fp, Flai e Associazione Ficiesse “Riorganizzare la sicurezza. Il lavoro delle polizie tra cittadini, efficienza e revisione della spesa”
Di fronte alle tensioni che si sprigionano nella crisi economico-finanziaria, che si protrae da oltre cinque anni, è assente nel nostro paese un chiaro indirizzo politico-istituzionale che, riferito al sistema della sicurezza pubblica, vada oltre i tagli alla spesa e consideri gli investimenti per il comparto un valore strategico per il nostro paese.
Manca in sostanza un disegno adeguato alle sfide della grande depressione, che la politica non sa indicare, né elaborare. Una grave mancanza, quando invece servirebbero per l’intero settore delle mete alte, che gli operatori possano sviluppare in coerenza con il loro progetto di professionalità, di valori, di dignità, di aspettative.
Una pubblica sicurezza, la nostra, perennemente impegnata ad affrontare ogni genere di emergenza: sul versante immigrazione, nella gestione dell’ordine pubblico come nella prevenzione dei reati più diffusi, fino alla lotta alla criminalità organizzata. Ma emergenza dopo emergenza, non abbiamo saputo dare un valore certo alla sicurezza, quella dei cittadini, ma anche quella più generale del paese, proprio perché il grande assente, la politica, non ha saputo elaborare un piano a medio-lungo termine, salvo gli oltre 7 miliardi di tagli degli ultimi sei anni.
Anche la scarsa conoscenza e attenzione nei confronti di chi opera nel comparto, ha fatto sì che il legame tra lavoratori della sicurezza e cittadini, con buona pace dei principi stabiliti dalla legge di riforma 121/81, andasse scemando nel tempo. Logica conseguenza di tale involuzione è che le retribuzioni e gli incentivi agli operatori hanno subìto da 30 anni a questa parte un calo senza precedenti.
Per tutti questi motivi, il Silp, insieme alla Cgil, ha ritenuto di dover mettere al centro del convegno di oggi (14 aprile), “Riorganizzare la sicurezza. Il lavoro delle polizie tra cittadini, efficienza e revisione della spesa”, le condizioni di vita e di lavoro delle donne e degli uomini in divisa, unitamente alle esigenze di sicurezza del cittadino.
La sicurezza pubblica, funzione fondativa dello Stato moderno, può (e deve) proporsi quale risorsa primaria per contribuire alla coesione nazionale. A tal proposito, sarebbe necessario un rovesciamento di concetto: i rischi che sono insiti nella grande crisi possono divenire un’opportunità. In sostanza, la deontologia professionale del servizio mostra quanto e come la comunità degli operatori di polizia può contribuire – anche grazie alle sue rappresentanze associative sindacali – a evitare la disgregazione del paese.
C’è l’amministrazione e c’è la personale responsabilità: alla prima spetta l’indicazione delle mete; alla seconda la coltivazione delle abilità operative e del significato morale dell’impegno istituzionale. In questo senso, si può proporre il concetto, alla F. D. Roosevelt, della sofferenza delle persone (e lo stato di insicurezza è una sua matrice) quale problema pubblico che si rivolge a tutto ciò che attiene alla funzione di garanzia dello Stato.
Il controllo sociale, che si realizza per il tramite del sistema di sicurezza pubblica, significa quindi una risposta positiva ad alcuni aspetti (tutt’altro che secondari) della sofferenza delle persone accentuata dalle difficoltà economiche. Non solo perché ogni stagione di crisi accentua il conflitto e le tensioni, ma anche perché nella crisi si evolve la stessa domanda di sicurezza dei cittadini.
Se si conviene con questi concetti, è ovvio che occorre coltivare la propria professionalità ed esaltare la dignità della funzione che si è chiamati a svolgere. Il tema diviene così trasversale: nella deontologia e nella riflessione che essa richiede sempre, nella cura dedicata alla propria professionalità, nel contributo alla creazione di valore pubblico.
Nella sicurezza quale valore pubblico da generare e rendere disponibile, le professionalità dello Stato impegnate nella difesa dal crimine e nella tutela dei beni comuni della società italiana – siano essi materiali o immateriali – riversano la loro competenza tecnica e lo studio scientifico che la corrobora. In tal senso, la formazione può aiutare a esplicitare (e non è mai la ripetizione di un concetto acquisito) il fine istituzionale alto.
È pertanto necessario e opportuno partire da loro, professionisti alla prova di una stagione che richiederà virtù, sacrifici, intelligenze, responsabilità attive, capacità creative di soluzioni. Su di loro bisogna investire, anziché penalizzarli o, peggio ancora, emarginarli, come si sta facendo non trattandoli da protagonisti del cambiamento. Insomma, si tratta di combinare (come sempre quando si vuole coltivare un progetto alto di fuoriuscita dalla crisi) le risorse di controllo con le risorse di creatività.
Oggi dunque appare necessario concepire la sicurezza pubblica quale precondizione per affrontare con razionalità le sfide che abbiamo davanti. La motivazione fa la differenza, come sempre. Affrontare in positivo anche il sovraccarico di responsabilità è l'unica medicina che può guarire dal rischio di sentirsi schiacciati da compiti terribili che la crisi renderà sempre più onerosi: con un new deal anche per la sicurezza pubblica, in una società aperta e democratica, potrei dire con lo spirito dei “miglioristi” (così erano chiamati i funzionari pubblici rooseveltiani) della sicurezza pubblica.
Tutto questo lo si persegue con coraggio e spirito di servizio per la comunità, ma anche con la comprensione dei fenomeni in atto, che sappiamo mutevoli, e con la competenza e la serietà che simili temi meritano. Questo pensiamo di poter offrire oggi: un contributo onesto e innovativo al dibattito in corso, consapevoli che le mete, seppur ambiziose, non possono essere perseguite attraverso mere operazioni di facciata.
Con il convegno di oggi intendiamo contribuire a far crescere la consapevolezza che il raggiungimento di più elevati standard di sicurezza è perseguibile, ma il percorso che dovrà portare a un modello organizzativo più efficiente per tutti non può non passare dalla discussione e dal contributo degli addetti ai lavori.
*Segretario generale del Silp Cgil