"Vorremmo che per una volta si evitasse di banalizzare con hashtag, slogan o tirate autocelebrative uno dei punti di snodo delle politiche nazionali, vale a dire le politiche di sviluppo del Sud del Paese. Così come vorremmo che si evitasse di tacciare come piagnoni o simili coloro che, semplicemente, presentano dati di realtà. Piuttosto, si passi ai fatti". Ad affermarlo è Gianna Fracassi, segretario confederale della Cgil, che parla di una "situazione molto preoccupante dal punto di vista sociale, economico e occupazionale".

"E' indubbio - continua Fracassi - che vi siano tante realtà di eccellenza, ma, come diceva un grande attore meridionale, la somma fa il totale, e Svimez, nei mesi scorsi Banca d’Italia e Istat, ci hanno fornito un quadro chiaro degli effetti delle mancate politiche per il Sud negli ultimi venti anni". 

"Come diciamo da tempo - ricorda Fracassi - è urgente cambiare pagina, perché sviluppo del Sud è sviluppo dell’Italia. La Cgil lo sa bene, per questo - sostiene - chiediamo che il Mezzogiorno diventi centrale nell’agenda di governo: fino ad oggi non lo è stato e spesso sono state fatte scelte che sono andate in una diversa direzione". "Come - spiega - quando si è ridotto il cofinanziamento statale sui fondi strutturali per Campania, Calabria e Sicilia, o si sono tagliate per tre miliardi e mezzo le risorse del Piano di azione e coesione". "Bene che su questo tema si apra ora una riflessione - prosegue - ma alla riflessione e alle tante parole devono seguire i fatti".

"Sono questi i motivi per cui la Cgil apre una vertenza nazionale, “Laboratorio SUD-Idee per il paese”, con la quale - spiega Fracassi - intendiamo indicare i temi sui cui è urgente intervenire: dai servizi ai cittadini come condizione per la coesione economica e sociale all’istruzione e formazione, alla ricerca e innovazione, con particolare attenzione alle università meridionali, passando per il rilancio della politica industriale ferma a circa il 9%, la metà rispetto al centro nord, e fino alla mobilità delle persone e delle cose (infrastrutture e logistica a partire dal sistema ferroviario, dei porti e delle strade)".

Fracassi conclude dicendo che "servono però un progetto e una strategia nazionale: non basta affidare unicamente ai fondi strutturali il compito di ridurre il gap, e occorre anche superare inefficienze, i ritardi, a volte le incapacità di mettere in campo vere politiche di sviluppo, coniugando tutto ciò con una seria lotta all'illegalità e alle mafie".