Clausola sociale. Dietro queste due parole ruota la proclamazione dello sciopero, da parte dei circa 400 lavoratori di Opera Laboratori Fiorentini, per sabato 4 e domenica 5 aprile nei musei statali di Firenze, a partire dagli Uffizi. Oltre il chiacchiericcio che sta caratterizzando questa vicenda, descritta come un ‘autogol' (Dario Nardella) o da rimanerci a ‘bocca aperta' (Dario Franceschini), si tratta del futuro di quattrocento lavoratori, e relative famiglie, che non chiedono altro che garanzie sul loro futuro.

Spieghiamo bene. I bandi di gara previsti per i servizi ai musei fiorentini - procedura prevista dalla nuova organizzazione dei musei secondo il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo - potrebbero mettere in discussione il posto di lavoro dei circa oquattrocento occupati da Opera Laboratori Fiorentini, 314 di questi con contratto a tempo indeterminato. Lavoratrici e lavoratori impiegati da anni (la società nasce nel 1998) a fornire ai musei statali di Firenze, quali gli Uffizi, la Galleria dell’Accademia e Palazzo Pitti, servizi come la biglietteria, il guardaroba, il bookshop e altro ancora.

La loro richiesta, semplice quanto inappellabile, è avere una garanzia, e cioè che nel bando della gara di appalto sia prevista la clausola sociale. Questa, nota anche come la tutela del lavoro in caso di cambio di appalto, non è altro che la previsione di un impegno ad assorbire e utilizzare prioritariamente i lavoratori del precedente appaltatore in occasione di un cambio di appalto. Si tocca con mano, in questo caso, il tema che è al centro di una campagna della Cgil a sostegno di una proposta di legge che sostiene, appunto, la necessità di garantire diritti e tutele per i lavoratori impiegati negli appalti, dalle illegalità che quotidianamente si registrano e dagli effetti del Jobs Act, attraverso la clausola sociale e la responsabilità solidale.

I lavoratori della Opera Laboratori Fiorentini, in una fase complessa e di attacco al mondo del lavoro, come dimostra il Jobs Act specie nel rapporto tra quest’ultimo e il tema degli appalti, chiedono un impegno certo, cogente, per il mantenimento del posto di lavoro e dei livelli economici previsti. Da qui, dopo una richiesta lunga tre mesi per la convocazione di un tavolo istituzionale per confrontarsi sulla predisposizione del bando di gara previsto per settembre, la proclamazione dello sciopero da parte della Filcams e della Uiltucs per i giorni 4 e 5 aprile.

Eppure, mentre si discetta di brutte figure, mentre si dà in pasto all’opinione pubblica ‘la vergogna degli Uffizi chiusi a Pasqua’, nessuno parla di lavoro, di diritti cancellati, di sicurezze che si sgretolano. Nessuno dice, come ha denunciato la Filcams Cgil, “che per evitare la mobilitazione basterebbe che il Ministro o chi per lui, mettesse nero su bianco la garanzia (dichiarata a parole) che in caso di cambi di concessione nei servizi di biglietteria, prenotazioni, call center, guardaroba, l’azienda subentrante continuerà ad avvalersi della loro professionalità. Nessuno dice che un protocollo nel 2010 fu già firmato e basterebbe solo aggiornarlo”. Tutto potrebbe insomma cambiare radicalmente se si dessero garanzie, procedendo in tempi rapidi a certificare concretamente quest’impegno - la clausola sociale - ed evitare la mobilitazione per ora solo dichiarata.

La Filcams Cgil nazionale, oltre ad esprimere solidarietà nei confronti di questi lavoratori, ha messo ‘nero su bianco’ parole chiare: “Non accettiamo che anche un solo lavoratore che si batte esercitando un diritto costituzionale venga appellato come ‘nemico della patria’, solo perché nemico delle semplificazioni e delle verità a senso unico”. Per questo ha invitato “il Ministro Franceschini e le istituzioni locali competenti, a promuovere un confronto sugli effetti occupazionali del riordino dei poli museali e dei siti culturali, al fine di offrire garanzie occupazionali ai tanti lavoratori delle imprese in house providing che operano nei musei”.

Da citare, per inciso, lo stop dell’Autorità di garanzia per gli scioperi nei servizi pubblici che ha dichiarato illegittima la protesta: secondo il garante “la legge sul diritto di sciopero ricomprende tra i servizi pubblici essenziali le attività legate alla sorveglianza e alla vigilanza dei beni culturali”. Una veloce citazione non solo perché le motivazioni dell’autorità guidata da Roberto Alesse sembrerebbero ‘forzate e sbagliate’ ma anche perché ci allontanano dal punto centrale, dal merito della protesta, ovvero la tutela del posto di lavoro.

Questa mattina Massimiliano Bianchi della Filcams di Firenze è intervenuto a RadioArticolo1 e ha precisato in primis come l’atto del garante sia, da una prima valutazione, “sproporzionato perché il campo di applicazione non riguarda questi lavoratori”, che di fatti non si occupano infatti di ‘sorveglianza e vigilanza’ ma di altro. “Oggi, al massimo domattina, faremo partire una lettera indirizzata al garante dove contesteremo punto per punto quello che la commissione di garanzia ci dice”, ha fatto sapere ai microfoni della web radio della Cgil Bianchi. Quanto al merito della vicenda, Bianchi ha ricordato come dopo un incontro avuto col ministro Franceschini, e le rassicurazioni ‘verbali’ ottenute da quest’ultimo sulla clausola sociale nel bando di gara, i lavoratori non hanno ancora visto niente di scritto, nessun impegno cogente.

“L’impegno del ministro è importante ma non esaustivo - ha poi aggiunto il sindacalista della Filcams Firenze -. Ecco perché i lavoratori, che vedono il loro futuro pregiudicato, in assemblea ci hanno detto che lo sciopero diventava l’elemento attraverso il quale mettere in evidenza questo problema. Si tratta del futuro di circa quattrocento lavoratori, impegnati lì da anni”. Come sanare quindi questo strappo? “Attendiamo dal Ministero una convocazione. Non vogliamo essere coloro i quali non danno la possibilità ai turisti di visitare le bellezze di Firenze. Il creare ‘disagi’ ci addolora moltissimo. Bisogna ricomporre questo vertenza e, per quanto ci riguarda, basta un atto scritto da parte del ministro. Se la politica fa questo fa il bene comune ma se invece agisce con il potere autoritativo delle commissioni di garanzia la politica perde”, ha concluso Bianchi.