PHOTO
'Così non va', recita lo slogan di Cgil e Uil per lo sciopero generale. Ed è quello che dicono tutti i lavoratori presenti al corteo di Roma, che abbiamo interpellato lungo il percorso che si è snodato per le vie del centro storico, da piazza Esquilino fino a piazza Santi Apostoli, luogo dei comizi di chiusura della manifestazione.
"Ho deciso di scioperare – afferma B., 49 anni, insegnante di scuola secondaria – perchè nel mondo dell'istruzione le cose vanno sempre peggio, a causa dei tagli indiscriminati che si susseguono anno dopo anno e governo dopo governo, con la qualità che di conseguenza è scesa tantissimo. Anziché valorizzare un settore chiave come il nostro, lo si mortifica sempre di più. Da 23 anni impartisco lezioni d strumento musicale, ma la mia professione anziché andare avanti va indietro. Fare carriera è diventato praticamente impossibile, con il contratto di lavoro bloccato dal 2009 e anche per via della legge quadro di comparto che prevede si torni tutti sotto l'egida della dirigenza, a discapito dello stesso ccnl".
"Sono qui per tutelare i diritti miei e di tutti i miei colleghi – sostiene M., operaio edile carpentiere presso i cantieri della linea B1 della metropolitana di Roma, Rls della Fillea –. Quello che sta facendo il governo Renzi non va bene, perché cancellare l'articolo 18 vuol dire tornare indietro di 40 anni, soprattutto nelle costruzioni, dove sono già pochi i lavoratori tutelati. Così come non ha senso andare in pensione a 67 anni, sottoposti come siamo a lavori pesanti e alle intemperie: già a 50 anni la maggior parte degli edili ha menomazioni fisiche di ogni tipo. Per quanto mi riguarda, da nove anni faccio parte dell'impresa Salini, ma il 30 giugno 2015 scatterà la procedura di licenziamento per fine cantiere anche per noi 30 lavoratori superstiti, da 180 che eravamo, e nessuno ha la benchè minima certezza di poter essere ricollocato altrove".
L., quasi 40 anni, laureato in Scienze politiche, con indirizzo relazioni internazionali e un master sul diritto del lavoro, è un lavoratore precario di agenzie interinali. "Dal 2010 ho un contratto con Adecco – spiega –, secondo la formula dello staff leasing, nel senso che posso passare da un'agenzia all'altra. Sto a part time, nel senso che lavoro 20 ore a settimana con una paga mensile di 850 euro, incluse le ore supplementari. E non mi posso lamentare, considerando che la maggioranza dei miei colleghi è apprendista o ha il contratto di collaborazione a 450 euro. In prospettiva, l'azienda tende a rimpiazzare gli altri 70 addetti come me: lo ha già fatto l'anno scorso, quando con il pretesto della perdita di una commessa, ha licenziato 200 persone in blocco, per poi assumerne due mesi dopo un centinaio, tutti in qualità di apprendisti e con contratti peggiorativi rispetto al mio. Sciopero contro il Jobs Act, una legge senza valore, perchè non solo non crea lavoro, ma porterà alla sostituzione di lavoratori con un minimo di diritti con altri che non ne avranno più nessuno".
"Anch'io sono qui per difendere con le unghie e con i denti quei pochi diritti che mi vengono riconosciuti". Chi parla è F., socio lavoratore di una cooperativa di servizi di facchinaggio. "Siamo soggetti a continui cambi d'appalto, già cinque, da quando ho iniziato quattro anni fa – racconta –, e non solo non godiamo dell'articolo 18, ma andiamo incontro anche alla perdita del tfr, che non riusciamo a recuperare da cooperative spurie che nel frattempo sono sparite nel nulla. Il passaggio da un'impresa all'altra comporta anche l'impossibilità di salire di livello e sul piano dei diritti è un disastro: se hai figli a carico, ma non fai un minimo di 104 ore mensili, non ti riconoscono gli assegni familiari, e se fai anche un solo giorno di malattia sono problemi. Il salario è sempre quello del vecchio contratto e gli unici piccoli aumenti ottenuti in busta paga si devono alla contrattazione aziendale e alla forza del sindacato, l'unico soggetto in grado di difenderci per mantenere il posto di lavoro ed evitare di finire licenziati all'atto di un nuovo appalto".
Roma tpl è un consorzio privato che gestisce il trasporto notturno dell'Atac. Da due mesi non paga più gli stipendi ai circa 2.000 dipendenti, tra i quali c'è T., 32 anni, che stamane ha incrociato le braccia in segno di protesta. "Abbiamo garantito il servizio alla cittadini fino a quando giorno fa, ma ora basta, la situazione è diventata insostenibile – denuncia –. Già la nostra busta paga è per il 20% inferiore a quella dei colleghi dell'Atac, pur svolgendo lo stesso lavoro, con l'aggiunta del pericolo di aggressioni, cui siamo sottoposti sulle linee più periferiche. Dal 22 luglio scorso, poi, è scattato il contratto di solidarietà, che ha comportato una decurtazione di 300 euro, con quattro giornate lavorative in meno, che salgono a cinque per i miei colleghi in amministrazione. Siamo finiti così sotto la soglia del salario minimo nazionale, cioè meno di mille euro al mese. Sono qui per manifestare contro il contratto a tutele crescenti ideato dal governo Renzi, che in realtà è solo un rimborso crescente per tutti coloro che verranno licenziati per motivi economici, con una somma riparatoria prevista sulla base degli anni di anzianità maturati".
U. è uno dei 2.800 precari, dei quali 430 solo a Roma, del ministero di Giustizia. "Dopo aver lavorato in un call center di servizi, dove gestivo l'ufficio legale – racconta – , da cinque anni opero negli uffici giudiziari del ministero, affiancando il personale oberato di lavoro, facendo fronte in tal modo alle annose carenze di organico che ammontano ad oltre 10.000 unità. Abbiamo il badge degli uffici e spesso rimaniamo da soli a coprire tutte le attività, compresa l'apertura al pubblico. Sul piano formale, però, io e i miei colleghi svolgiamo ancora un tirocinio permanente, nel senso che dopo aver già fatto vari stage annuali, l'ultima legge di Stabilità ha introdotto ora un emendamento vergognoso che ci obbligherà all'ennesimo corso di formazione nel 2015, quando dovremmo già essere tutti assunti a tempo indeterminato. Oggi sono qui per chiedere un contratto di lavoro a Renzi, visto che finora siamo stati stipendiati con un rimborso spese di 2.300 euro l'anno. Possiamo considerarci la 47ma forma di lavoro precario, che in realtà è un lavoro nero vero e proprio: mentre le altre 46 forme di precariato, infatti, qualche forma di tutela ce l'hanno, come ferie, malattia, infortunio, tfr, contributi pensionistici, noi da cinque anni non abbiamo maturato nulla, pur lavorando tutti i giorni".
Alla McDonald's il panorama è migliore, ma fino a un certo punto. "In apparenza tutto bene – rileva G., 40 anni, da una ventina operante nella catena americana –: il contratto è rispettato, pagano tutto e puntualmente, l'attività sindacale è riconosciuta. Ma se hai famiglia cominciano i problemi, perchè i turni, spesso fatti all'ultimo momento, quasi mai si conciliano con la tua vita privata. Se poi chiedi un permesso o un giorno di ferie, magari di sabato o domenica, quando il lavoro è praticamente a ciclo continuo, apriti cielo! Rischi di ritrovarti di colpo nelle postazioni più gravose, alle friggitorie per esempio, dove in quattro ore arrivi a sfornare anche 200 chili di patatine, o alle casse, dove non hai neanche il tempo per respirare. In realtà, quella in cui lavoro è una specie di caserma, con tanti capi e capetti per ogni reparto, con pesanti ritorsioni se osi protestare o ti rifiuti di obbedire agli ordini che ti vengono impartiti. Le vittime principali sono i colleghi più giovani, tra i 20 e i 30 anni, che di sindacato non vogliono neanche sentir parlare e vivono questo lavoro come una sorta di gioco o passatempo, in attesa di passare a fare altro. Ciò è controproducente per tutti, anche sul piano della salute, considerando che la nostra è un'attività usurante. Adesso ci stiamo battendo per il riconoscimento di malattie professionali come il tunnelcarpale, dove i casi sono in aumento, soprattutto tra chi ha superato una certa soglia d'età".
D. opera in qualità di impiegato part time nella logistica infrastrutturale alla società Aeroporti di Roma, che a fine 2011 ha ceduto quel ramo d'azienda alla Simav spa. Sul piano contrattuale, ciò ha comportato il passaggio dal contratto aeroportuale a quello metalmeccanico. "Ciò ha causato una penalizzazione sul piano salariale – osserva –, con la busta paga alleggerita da 1.800 a 1.400 euro al mese, e ci ha precluso ogni possibilità di carriera. Siamo ancora in attesa che l'azienda ci presenti un piano industriale. L'unica cosa certa sono i tagli all'organico, dove siamo scesi da 103 a 71 unità. Una parte di noi ha impugnato tutta l'operazione davanti al giudice e per febbraio è attesa la sentenza. Sul piano dei diritti siamo terra di nessuno, nel senso che Simav, ma anche Adr, tendono a non rispettare alcuna normativa. Nell'ambito dell'attività aeroportuale, il nostro è un lavoro assai delicato, nel senso che gestiamo tutte le emergenze dello scalo, in caso di incidenti in fase di decollo o atterraggio delle aeromobili o di avarie di diversa natura. In tale situazione, le scelte del governo Renzi di certo non ci aiutiano, anzi il Jobs act ci penalizza ulteriormente".
A scendere in piazza oggi era presente anche una delegazione del Silp Cgil, con P. in prima fila, 47 anni e poliziotto da 26. "La crisi sta colpendo duro anche il comparto di polizia – commenta –. Abbiamo sempre più problemi di organico, per ora contenuto al 10% del fabbisogno. Vi facciamo fronte, ricorrendo da due anni a personale proveniente dall'Esercito, oppure facendo circolare le volanti con due persone a bordo, anzichè tre. Ma i buchi riguardano anche le scorte di carburante, ridotte al lumicino, e l'usura dei mezzi a disposizione, vecchi nove anni di media. Tutto ciò rende sempre più difficile coprire il servizio e assicurare la sicurezza ai cittadini, quando, al contrario, occorrerebbe potenziare gli attuali controlli esercitati sul territorio. C'è poi il problema delle scorte a uomini politici e a personalità di vario tipo, cui una parte considerevole di noi è proposto, che non fa che aggravare ancora di più il quadro, in termini di uomini a disposizione. Perciò, dobbiamo dire grazie alla Cgil, che tutela i nostri diritti e porta avanti le nostre rivendicazioni anche di ordine salariale, dato che le nostre busta paga, dopo vent'anni di anzianità, non superano i 1.300 euro, con famiglia a carico. E per questo siamo qui a sfilare contro la politiche di un governo che non tiene in considerazione il sindacato".