PHOTO
È stata un'assemblea affollata e molto partecipata quella che ha organizzato oggi (20 febbraio) la Cgil di Torino al Teatro Colosseo, un'altra tappa del percorso della campagna referendaria per il sì ai due quesiti su voucher e responsabilità solidale negli appalti e a sostegno della legge di iniziativa popolare sulla Carta dei diritti universali dei lavoratori. L'assemblea si è aperta con le testimonianze di Assunta e Deborah, due lavoratrici che hanno raccontato le loro storie di ingiustizia e precariato, donne “in carne e ossa” che non ci stanno a essere considerate degli oggetti, come i manichini posti provocatoriamente sul palco del teatro: i manichini non parlano, non protestano e magari, visto che sono di plastica, non mangiano e nemmeno si ammalano.
È una metafora della svalorizzazione del lavoro, di chi fatica tutti i giorni senza che i propri diritti vengano rispettati: “Dovrei essere tranquilla, ho un posto di lavoro a tempo indeterminato ma non è così – racconta Assunta, lavoratrice part time a 3 ore e 24 minuti al giorno per un'impresa di pulizie in un appalto alle Poste –, questo non è lavorare dignitosamente, gli uffici postali sono sparsi nel raggio di 30 chilometri, quotidianamente di chilometri ne percorro 60 andata e ritorno, per pulirne quattro, in pratica guadagno 10 euro netti al giorno”.
Molto applaudito l'intervento di Marco Ròndina, 22 anni, il rappresentante degli studenti del Politecnico di Torino, divenuto una star della rete dopo il suo discorso all’apertura dell’anno accademico. “Qualcuno mi ha sconsigliato di partecipare a questa assemblea, perchè avrei prestato il fianco a possibili strumentalizzazioni – ha detto Ròndina –. A chi mi ha detto questo ho risposto che per me è un onore essere uno strumento per portare avanti le istanze dell'università, dei giovani e del loro rapporto col mondo del lavoro. Quello che manca per risolvere i nostri problemi è la volontà politica, negli ultimi anni i governi che si sono susseguiti hanno trattato l'università con indifferenza, usandola come salvadanaio per trovare i fondi da spendere in altri modi sicuramente meno efficaci, come i 500 euro dei bonus cultura”.
“La precarietà è esplosa, è diventata permanente, la crisi ne ha cambiato definitivamente il segno: ci hanno detto che erano forme per entrare nel mondo del lavoro, oggi sappiamo che le tante tipologie di rapporti che si sono moltiplicate negli anni sono diventate forme stabili di incertezza”: così ha iniziato la sua relazione introduttiva la segretaria generale della Cgil di Torino, Enrica Valfrè. “Ma siccome di lavoro ce n’è poco, sono state introdotte le categorie della ‘gratitudine’, della ‘restituzione’, della ‘gratuità’, tutte cose che non hanno niente a che vedere con la solidarietà, la mutualità, l'appartenenza a una comunità, perché creano una gigantesca forma di dipendenza che approfitta delle condizioni di bisogno delle persone, ne cancella la dignità e svilisce il lavoro”.
Sarebbe invece necessario, sempre a giudizio della numero uno della Camera del lavoro subalpina, che la politica recuperasse “il contatto con la realtà e la vedesse per quello che è, non per come la immagina, per tornare a occuparsi dei problemi veri delle persone. I nostri referendum e la Carta vogliono riportare al centro della discussione nel nostro Paese come sconfiggere la povertà, ripristinare la legalità, rinunciare ai privilegi, parlare alla persona e non all'individuo, ricostruire legami e solidarietà. Vorremmo che si ripartisse dal lavoro come strumento di cittadinanza, realizzazione, integrazione e libertà”.
Nelle sue conclusioni, Vincenzo Colla, della segreteria nazionale Cgil, ha sottolineato che “noi siamo per il lavoro dignitoso e costituzionale, un progetto autonomo della Cgil che abbiamo consegnato al Parlamento e al Paese, perché vogliamo aprire una grande discussione sul lavoro in Italia che ne ha bisogno, e anche la politica farebbe bene ad occuparsene. La nostra proposta – ha ribadito il segretario – non è un tecnicismo, ma un posizionamento politico e lavorista netto. Diciamo a questo governo di darci la data del voto e di non fare tattica con la democrazia, dando risposte ai diritti per anticipare la rabbia sociale e ripristinare la voglia di partecipare. Dobbiamo convincere tanti cittadini a votare, perché con la vittoria su questi quesiti si riconquista il diritto al lavoro”.