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Torino incontra Gioia Tauro nel segno della legalità e dell’accoglienza. È il senso della due giorni, 18 e 19 novembre, che hanno organizzato le Camere del lavoro delle due città. Due città così diverse, così lontane ma gemellate dall’intuizione di scambiarsi esperienze e buone pratiche di empatia e solidarietà. Aiutarsi reciprocamente, sostenersi a vicenda di fronte alle sfide della globalizzazione degli scartati: il neoschiavismo proveniente dell’Africa, i nuovi manovali delle narcomafie, donne immigrate costrette a prostituirsi, italiani lasciati a casa da multinazionali senza scrupoli.
Prima era toccato alla delegazione torinese attraversare il Paese per toccare con mano un Sud Italia diverso dagli stereotipi che lo vogliono tutto, caporalato, criminalità organizzata e malaffare. Il 18 novembre, invece, il viaggio è stato in senso opposto: dalla “piana” è partita una delegazione che ha scoperto quanto sia lontano l’idilliaco Nord industrializzato, ricco e avanzato. E alla fine queste due realtà apparentemente così distanti si sono scoperte più simili di quanto si possa immaginare. Si sono ritrovate ad essere Italia: un unico Paese, da Torino a Taranto, da Gioia Tauro a Venezia, ricco di contraddizioni, dove accanto a storie di tangenti, di appalti truccati e di sfruttamento del lavoro germogliano esperienze di resistenza e lotta contro le ingiustizie e le discriminazioni.
“Lo spirito dell’iniziativa – spiega Enrica Valfrè, segretaria generale della Cgil Torino – è proprio quello di riflettere su ciò che ci accomuna. L’Italia tutta intera, da Nord a Sud, è attraversata dalle mafie, dalla disoccupazione giovanile, dalla dispersione scolastica e dal razzismo. Noi, in un ideale movimento di riunificazione del Paese, diamo voce agli esempi di un’Italia migliore, fatta di associazioni, cooperative e gruppi organizzati che ogni giorno rendono possibile l’inclusione sociale dei nuovi italiani, la gestione trasparente di beni comuni e il superamento delle differenze montate su paure, odio e pregiudizi”.
Cuorgnè, paese di 10 mila abitanti nel nord del Piemonte, è stato in questo senso luogo ideale di congiunzione tra Torino e Gioia Tauro. Da qui è partita una nuova versione di grand tour degli ideali. Qui nel 2012 Libera ha intitolato un suo presidio a Luigi Ioculano, medico di Gioia Tauro ammazzato dalla ’ndrangheta perché convinto sostenitore di una città non più ostaggio della criminalità organizzata. “È stata grande emozione – ha raccontato Celeste Logiacco, segretaria generale della Cgil di Gioia Tauro – incontrare gli attivisti di un presidio di Libera in un bene confiscato alla ’ndrangheta intitolato a chi rappresenta per la nostra terra un esempio da seguire, un mito da far vivere nelle nostre scelte quotidiane. Scelte che insieme alla Cgil di Torino facciamo ogni giorno per offrire un’opportunità di vita dignitosa a quanti ne sono stati privati. A Gioia Tauro c’è il porto più grande d’Europa, ponte tra mondi diversi, ma il Comune è stato sciolto più volte per infiltrazioni mafiose. Qui il sindacato è un avamposto democratico, punto di riferimento per donne straniere vittime di tratta, per i braccianti che cercano una vita più dignitosa di quella offerta dalle ‘agrotendopoli’ e per quanti restano in questa terra per resistere alla criminalità organizzata. Questo gemellaggio ci rafforza e ci fa sentire ancora di più parte di un insieme più grande che fonda le proprie azioni sulla Costituzione e sullo spirito repubblicano”.
Di questo insieme fa parte anche la “Mastropietro & co”, associazione attiva sul territorio di Cuorgnè e del Canavese che dal 1977 opera nel campo del disagio e dell’emarginazione giovanile, unendo all’accoglienza diretta di giovani in difficoltà la promozione di esperienze di solidarietà. Sulla via della solidarietà era immancabile una sosta al Centro “Teobaldo Fenoglio” di Settimo Torinese, alle porte di Torino, dove la Croce Rossa dieci anni fa ha realizzato una struttura di accoglienza dei migranti, punto di riferimento per tutto il Paese nel campo delle emergenze, della formazione e delle attività socio-assistenziali. Da Settimo le delegazioni sono entrate a Torino nella zona nord della città, nella Barriera di Milano, area con il più alto tasso di concentrazione di immigrati.
Qui in alcune scuole ci sono classi con il 95% di studenti stranieri. Ed è qui che vive Alma Mater, centro interculturale voluto da donne italiane e straniere ed è sempre qui che prende corpo il progetto “Se non sei non sai”, pensato per gli insegnanti in pensione che possono mettere a disposizione le proprie conoscenze agli immigrati che ne hanno bisogno. Non distante da queste realtà c’è Acmos, associazione nata nel 1999 da un gruppo di giovani provenienti da diverse esperienze di volontariato e di impegno sociale. “Accanto ai progetti di educazione ai valori della cittadinanza attiva – racconta la volontaria Isabella Spezzano – abbiamo dato vita a due residenze temporanee per italiani e stranieri. Casa Amos e casa Bashasha sono luoghi di vita comunitaria dove inclusione sociale, fraternità e amicizia sono praticate ogni giorno”.
Prima di visionare il documentario “Waiting”, pellicola che in presa diretta racconta la vita dei nuovi italiani, le delegazioni hanno deciso di fare una piccola deviazione del percorso per manifestare la propria solidarietà al presidio dei lavoratori della Mgc, azienda edile del gruppo Manital che non paga da tre mesi gli stipendi dei dipendenti. Un primo giorno che dopo la visione del documetario si è chiuso con la presentazione della “Morus onlus” di Ceres, nelle Valli di Lanzo, dove l'associazione aiuta gli stranieri ad inserirsi nella società attraverso la musica, lo sport e il lavoro. Se la prima giornata si è conclusa nel segno della gioia della “Morus”, il 19 novembre è stato il giorno di Maurizio Landini.
Il segretario generale della Cgil ha dedicato un’intera giornata di attenzione al gemellaggio. E lo ha fatto visitando un’altra area del Piemonte ricca di umanità, il Pinerolese, dove sindaci, chiesa valdese, Caritas, Diocesi e associazionismo hanno dato vita a un sistema di microaccoglienza diffuso su tutto il territorio tra i più strutturati e riusciti d’Italia. Qui Landini ha concluso il viaggio nell’Italia migliore ricordando che “sono riusciti a far credere che viviamo in un Paese invaso. Ma non è così. Far conoscere e condividere queste esperienze è fondamentale. Oggi sono qui – ha detto – proprio per rimarcare quanto sia importante questa iniziativa. Un sindacato in uscita, capace di fare rete e di mettere insieme è il modo migliore per abbattere muri e vincere la sfida culturale contro i seminatori di odio e le nuove insidiose forme di sfruttamento dei lavoratori”.