Una crisi misteriosa. Ecco come la definiscono azienda e sindacati quella iniziata questa primavera nella centrale a carbone e olio combustibile di Vado Ligure (Sv). Misteriosa e ancora senza una definitiva soluzione. Dopo quasi un mese di rinvii, la conferenza dei servizi tenutasi lo scorso giovedì 4 dicembre ha rilasciato l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), approvando a maggioranza le indicazioni del gruppo istruttore, costituito dal ministero della Salute, dell’Ambiente, dai Comuni interessati e dalla Provincia di Savona per la realizzazione dei lavori per il contenimento delle emissioni in un’unica fase, contestuali cioè al riavvio dell’attività. Solo la Regione ha espresso il suo dissenso, perché favorevole alle due fasi comprendenti il riavvio dell’attività, con valori dentro il quadro normativo e, solo successivamente, l’adeguamento a limiti più bassi.

L’Aia, così com’è, mette in seria difficoltà l’azienda per la sua attuazione in un’unica fase e con essa i lavoratori, già stremati da mesi di incertezze. In particolare sono tre i punti più controversi: i tempi troppo stretti per realizzare la copertura del carbonile, la realizzazione del nuovo Sistema monitoraggio emissioni (Sme), che richiederebbe almeno 18 mesi per costruzione e calibratura e, infine, la ristrutturazione degli impianti per l’accensione a gas naturali (ora è ad olio combustibile), considerata irrealizzabile da azienda e sindacati. Mentre scriviamo, siamo in attesa delle decisioni del vertice convocato per giovedì 11 dicembre a Palazzo Chigi, dove potrebbero essere decisi dei correttivi per mettere l’azienda in condizione di attuare le migliorie richieste, o anche le basi per l’emanazione di un decreto ad hoc del governo come già successo in questi casi.

In ogni caso bisogna fare presto. Pur avendo alle spalle investitori importanti come Gdf-Suez e Sorgenia, la Tirreno Power sta attraversando una grave crisi: è infatti in corso una trattativa per ristrutturare i circa 875 milioni di indebitamento lordo e i 50 milioni di indebitamento per firma. Proprio la centrale di Vado era tra le più remunerative del gruppo e l’azienda puntava su questa per investimenti che avrebbero risollevato le proprie sorti. Ora il futuro è incerto e il rischio che chiuda non si è allontanato.

È istruttivo ripercorrere le tappe salienti della vicenda Tirreno Power. Che inizia quando il Gip di Savona, Fiorenza Guida, invia una diffida alla centrale, facendo di fatto decadere l’Aia necessaria per la produzione di energia dello stabilimento: secondo le indagini, infatti, la centrale non sarebbe riuscita ad abbattere il proprio impatto ambientale con tecnologie meno inquinanti. L’ordinanza ha disposto il sequestro delle unità a carbone della centrale di Vado Ligure, istituendo un nesso di causalità tra le emissioni, le morti e le patologie. Secondo la Rete Savonese “Fermiamo il carbone” i valori emissivi concessi allo stabilimento, seppur sempre rispettati, erano eccessivi e di gran lunga superiori a quelli delle centrali simili di Brindisi e Torrevaldaliga.

La Tirreno Power si è opposta alle accuse, sostenendo di aver sempre operato nella legalità e mettendo in dubbio gli studi in mano al giudice: le rilevazioni dell’Arpal da quando la centrale ha cessato le sue attività non mostrano sostanziali cambiamenti nei valori dell’aria respirata né qualsiasi criticità ambientale. Inoltre l’Asl 2 di Savona dichiara che “gli studi in mano alla procura sono del tutto in contrasto con quelli epidemiologici fino a ora condotti sul territorio”. La situazione è dunque molto complicata e incerta e, ancora una volta, si trovano in contrasto le ragioni del lavoro e quelle ambientali.

“La questione ambientale nasce negli anni ‘e da allora si è fatto poco per cercare una soluzione – racconta Innocente Civelli, ex Rsu della centrale e responsabile per l’energia nella segreteria Filctem di Savona –. Dal 2001 l’azienda sa di dover fare certe migliorie, ma è sempre andata avanti con deroghe e senza mai cercare il dialogo con il territorio. Così oggi ci troviamo in questa situazione incredibile: da questa primavera dei 500 addetti 126 sono in mobilità, mentre 155 in contratto di solidarietà. Abbiamo ottenuto l’Aia, ma così come è rischia solo di far chiudere definitivamente la centrale, che invece avrebbe ottime prospettive per ridurre l’impatto ambientale mantenendo i posti di lavoro. Certo, imponendo i lavori di adeguamento in una sola fase si evita che l’azienda possa prendere tempo, inducendo il Gip ad attuare il dissequestro per iniziare i lavori. Tuttavia in questo modo non è sicuro che i lavori inizieranno. Di certo c’è solo che, stando così le cose, non passeremo un buon Natale”.