Undici razzi sono partiti ieri dalla città palestinese di Gaza in risposta al raid aereo dei caccia di Tel Aviv. Un gruppo di 50 persone della Missione di Pace in Medio Oriente – partita dall’Italia lo scorso sabato 27 – si è recato nella città di Sderot, a pochi chilometri dai territori palestinesi della Striscia di Gaza e spesso bersaglio degli attacchi, per incontrare una rappresentanza del gruppo di cittadinanza attiva “The other voice”, composto da cittadini di Sderot e altre realtà israeliane, che lavora per creare percorsi di pace e riconciliazione promuovendo azioni creative ed educative.

“I palestinesi prigionieri della loro terra, gli israeliani prigionieri della guerra – ha dichiarato al ritorno dalla visita a Sderot Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace –. Sono prigioni diverse ma sempre prigioni. Chi può scappa. Chi resta ha perso ogni speranza”. Dall’altra parte del muro – ha aggiunto Lotti – c’è un paese all’apparenza 'normale', ma quando ascolti la storia di chi vive da 11 anni a due passi dalla Striscia di Gaza, ti rendi conto che la realtà di Israele è scandita dalle guerre”.

La situazione sotto gli occhi dei 212 partecipanti alla missione di pace è critica. “A Sderot – si legge in un comunicato della Tavola della Pace – le tensioni sfociano spesso in scontri armati. La visita a Betlemme e al campo profughi di Aida ha messo in luce le difficoltà di un dialogo e di una via per la pace tra i palestinesi stretti tra il muro in costruzione e gli israeliani degli insediamenti di Har Homa, Gilo e Har Gilo che chiudono da ogni lato la città della natività”. “A mettere i bastoni tra le ruote del dialogo – prosegue i comunicato – c’è anche il progetto, già approvato dal governo di Tel Aviv, di ampliare il muro tagliando in due la valle di Dayr Kirmizan, a ovest di Beit Jala”.

Dice ancora Flavio Lotti: “A guardare da vicino il muro imponente che circonda Betlemme e si insinua come un serpente tra le sue case e le sue terre, capisci immediatamente che sta dicendo il vero il sindaco quando afferma che la sua città è una prigione a cielo aperto. Tra muri e confini dalle due parti della linea un’umanità è rinchiusa nell’impossibilità di muoversi o nella spasmodica ricerca della sicurezza”.

Oggi la missione di pace si è spostata a Ramallah, altra zona calda nel contrasto tra i due popoli. Divisi in quattro gruppi, i volontari sono entrati in contatto con le diverse realtà della parte nord della Cisgiordania, visitando la comunità beduina di Khan El Ahmar, il villaggio di Ni'lin, che sta organizzando una resistenza pacifica alla costruzione del muro, quello di Marda, e infine partecipando alla raccolta delle olive del villaggio di Sinjil.