Arriveranno lunedì 10 settembre a Roma, con i mezzi organizzati da Filctem Cgil e Femca Cisl, i 150 dipendenti della Tagina, storica azienda del settore ceramico di Gualdo Tadino (Perugia). Lo faranno per seguire “da vicino” il vertice tra governo, azienda e sindacati in programma alle ore 10 al dicastero del Lavoro, cui partecipano anche gli enti locali (Comune e Regione Umbria). Incontro nel quale le organizzazioni dei lavoratori ribadiranno al ministro Di Maio la richiesta di concedere la cassa integrazione straordinaria.

“Lo strumento si rende necessario al fine di riavviare completamente gli impianti e permettere i dovuti investimenti”, si legge in una nota unitaria. Misura ancor più necessaria, proseguono Filctem e Femca, per “evitare la procedura di licenziamento di 48 unità, avviata dall’azienda il 28 agosto scorso, e ora momentaneamente sospesa proprio in attesa dell’incontro ministeriale”. La cassa integrazione ordinaria è scaduta, e da un mese i lavoratori sono del tutto “scoperti”, senza stipendio e senza contributi.

“Non è più tempo di campagna elettorale, non è più tempo di proclami, ora bisogna trovare soluzioni”, argomentano i sindacati. La cassa integrazione straordinaria, ha precisato l’azienda, servirebbe per circa 60 dipendenti fino all'inizio del 2019. Per pochi mesi, dunque, allo scopo di aumentare i volumi produttivi e permettere al personale di seguire corsi di formazione. “Dall'incontro al ministero ci aspettiamo risposte certe e immediate”, precisa Euro Angeli, segretario generale della Filctem Cgil Perugia: “In assenza di un esito positivo e concreto, non saremo in grado di scongiurare gli esuberi”.

La vicenda dell’azienda manifatturiera Tagina va avanti da molto tempo. Nell’ultimo anno i lavoratori sono stati senza stipendio per complessivi sei mesi, nel novembre 2017 il personale è stato ridotto di oltre 50 unità. Nell’aprile scorso è arrivato un acquirente, la Saxa Gres di Francesco Borgomeo, che ha rilevato la società dalla precedente proprietà in regime di concordato in bianco, presentando un piano industriale credibile (approvato dal Tribunale in soli otto giorni). “L’acquisizione ha ridato speranza e futuro allo storico marchio”, spiegano i sindacati: “A giugno sono riprese le prime attività lavorative, ma per tornare a produrre a pieno ritmo, per fare nuovi investimenti, per fornire l’adeguata formazione al personale, oggi è più che mai necessario un periodo di ammortizzatori sociali”. Il rischio, concludono i sindacati, è “che senza ammortizzatori l’azienda potrebbe essere costretta a mettere mano ai licenziamenti. E questo va evitato a ogni costo”.