“Abbiamo tenuto 1.500 assemblee, oltre 100 mila gli iscritti che hanno partecipato al voto. Un momento di confronto vero, uno straordinario esercizio di democrazia e di partecipazione che dicono del radicamento e della forza della nostra rappresentanza sociale”. Lo presenta così Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia, il XII congresso regionale i cui lavori hanno preso il via oggi a Bari, con la presenza del segretario confederale nazionale, Vincenzo Colla.

Nel pomeriggio, la tavola rotonda dal titolo “La Costituzione a tutela del Lavoro e della Coesione sociale”, con la partecipazione, oltre degli stessi Gesmundo e Colla, del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, del costituzionalista Michele Ainis, dell’economista Laura Pennacchi e di Francesco Prota, docente di economia dello sviluppo presso l’Università di Bari. A precederla una lectio magistralis di Luciano Canfora, storico, saggista e filologo dell’Università di Bari, dal titolo “Il Lavoro è Democrazia”.

Ma come da tradizione i lavori sono stati aperti dalla relazione del segretario generale. “Il nostro impegno per i prossimi quattro anni non cambia: al centro di ogni azione c’è l’occupazione e la qualità del lavoro – ha affermato Gesmundo –. Abbiamo alle spalle un percorso di iniziative e vertenze, abbiamo tenuto botta nelle fasi più critiche e portato a casa anche risultati importanti, salvaguardando posti di lavoro e attività produttive. Così come la fase di denuncia ma anche di proposta ha riguardato la sanità, le politiche di welfare come lo stesso impiego da parte degli enti locali delle risorse comunitarie, che vanno spese bene e velocemente. Certo, sempre muovendoci in un contesto difficile, come certificato dall’ultimo Rapporto Svimez che ha misurato come si sia allargata la forbice tra Nord e Sud del Paese. Il Mezzogiorno è il grande assente delle politiche degli ultimi venti anni, e come Cgil grazie al Laboratorio Sud abbiamo proposte e misure concrete per lo sviluppo delle regioni meridionali, che richiamano un importante ruolo dello Stato, a partire dalla destinazione del 45% della spesa ordinaria in conto capitale verso il Mezzogiorno per almeno cinque anni, assieme a un piano infrastrutturale e della mobilità e alla messa sicurezza del territorio”.

Ma di tutto questo nel Def del governo non c‘è traccia, “anz,i per come è stato ideato questo strumento fondamentale di politica economica, va in direzione opposta a quelli che sono gli interessi dei lavoratori e del Paese, specie del Sud. Una manovra in deficit che scommette temerariamente su fantomatici tassi di crescita. E poi meno tasse ai ricchi, condoni fiscali ed edilizi che premiano i furbi e l’illegalità, una ipotesi di riforma previdenziale che penalizza chi va in pensione e affossa ogni speranza per i giovani che in futuro non vi avranno accesso”.

La traccia da seguire per la Cgil in Puglia resta la stessa, “Sviluppo, ambiente, lavoro sono le parole d’ordine del nostro congresso ma anche dell’azione programmatica portata avanti in questi anni, consapevoli delle forti contraddizioni di uno sviluppo industriale che negli anni 60 ha segnato il punto massimo di rottura dell’equilibrio con l’ambiente con la nascita di grandi realtà industriali come Italsider a Taranto, Pertolchimico a Brindisi, Anic a Manfredonia, Stanic a Bari. Abbiamo pagato un prezzo altissimo in termini di salubrità dell’ambiente. Ma all’industria non possiamo rinunciare: per Taranto con la proposta di adozione della valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario crediamo si possa dare la giusta risposta alla necessità di garantire sviluppo e lavoro, nel rispetto dell’ambiente e della salute di tutti. Bisogna fare anche l’impossibile per mettere al sicuro i bambini del quartiere Tamburi da quel veleno che li fa ammalare”. Serve un sistema produttivo, quindi, “che investa sull’innovazione dei processi e dei prodotti, per garantire sostenibilità e capacità di stare sui mercati, valorizzando lavoro e professionalità”.

Un capitolo della relazione del segretario generale è dedicato al ruolo delle politiche pubbliche. “In primis nella gestione delle ingenti risorse comunitarie provenienti da Fesr, Fse e Psr, oltre che dal Patto per la Puglia, che sviluppano una spesa pubblica e investimenti per 10 miliardi di euro. Va sostenuta la competitività del territorio, delle imprese, e favorita una buona occupazione contro il dilagare della precarietà. I nostri giovani continuano ad emigrare, e la disoccupazione giovanile è cresciuta fino al 51,4%. Anche a livello nazionale ci sono le nostre proposte, concrete, dalla Carta dei diritti universali al Piano per il lavoro. Non ci può essere vera ripresa se non sostenendo un lavoro stabile, di qualità, ben retribuito, sicuro. Venti anni di attacchi al lavoro, ai suoi diritti, alla sua rappresentanza, cosa hanno prodotto?”.

Tutti temi, ricorda Gesmundo, “che abbiamo coniugato con la nostra attività sul territorio regionale, nella nostra interlocuzione con le istituzioni, a partire dalla Regione. Sostenendo l’assegnazione delle risorse pubbliche a favore delle imprese che investono su ricerca e innovazione e con rapporti di lavoro stabili. Spingendo per l’Agenzia per il lavoro e di contrasto al caporalato, versante sul quale la legge 199 comincia a produrre i suoi effetti. Così come rilanceremo la mobilitazione per la sanità e abbiamo manifestato contrarietà a questo scimmiottare le regioni ricche del Nord alla ricerca di un'autonomia che non si capisce quali benefici possa portare”.

Non è mancato un passaggio sulla controversa vicenda della Tap: “La nostra posizione è sempre la stessa: contrarietà all’approdo e a un metodo che ha ignorato le comunità locali. Resta un’opera strategica, ma va detto che la maggior parte della produzione elettrica pugliese alimenta le case e le industrie del Nord, noi non ne abbiamo ristoro. La solidarietà nazionale non può essere allora invocata a corrente alternata. Abbiamo un sistema industriale di eccellenza, dall’aerospazio alla meccatronica, ma di fianco una rete troppo estesa di piccole e medie imprese che hanno maggiori difficoltà a stare sui mercati, a innovarsi, con minori strumenti finanziari. Così come abbiamo un agroalimentare che deve decidere di puntare sull’eccellenza, slegandosi da metodi arcaici di sfruttamento. Continueremo a far vivere le nostre proposte e le nostre analisi tra la nostra base e tutti i cittadini. Siamo un soggetto di rappresentanza sociale che agisce a tutela dei lavoratori ma nell’interesse della collettività. Chi pensa di non dover confrontarsi con noi, di proseguire su un modello autoritario, parafascista, di gestione dei rapporti e dei conflitti sociali, troverà sempre la Cgil in campo e di traverso”.