"Nei 470 questionari che abbiamo distribuito, il termine più usato è 'non'. Questa è una generazione di diritti negati". Lo ha detto Maurizio Bekar, giornalista free lance, presentando, nell'ambito delle Giornate del lavoro promosse dalla Cgil, il libro "Storie precarie".

"Studio il lavoro precario da anni - ha spiegato Patrizio Di Nicola, sociologo del lavoro all'Università della Sapienza di Roma che ha curato il volume - e in tutto questo tempo ogni nuovo governo si è sentito in obbigo di fare una riforma del mercato del lavoro, riferendosi solo alla situazione di alcuni decenni prima. Abbiamo studiato queste storie per costruire un'idea nuova sul problema. Ci sono varie forme di flessibilità".

"Il bacillo della precarietà - ha aggiunto - nasce dalla volontà delle aziende di assumere a tempo determinato e a condizioni economiche più leggere. Il sindacato ha faticato a capire che la flessibilità poi si sarebbe trasferita anche ai meno giovani. Cambiando le regole del mercato del lavoro, la politica avrebbe dovuto cambiare anche le regole del welfare. Da un lavoro all'altro, invece, non c'è nulla su cui ti puoi appoggiare".

"La ricerca, oltre a darci i numeri del fenomeno - ha affermato Marcello Turci, responsabile rapporti sindacali dell'Associazione nazionale archeologi - ci ha dato una visione plastica della quotidianità e dei sentimenti che i precari vivono sulla propria pelle. C'è tanta rassegnazione tra questi ragazzi". "Sul fronte dei beni culturali - ha continuato - il nostro patrimonio è deturpato. C'è stato il tentativo di creare figure professionali che però non hanno avuto un concreto sbocco occupazionale". Nel corso dell'incontro, Marilisa Monaco ha letto alcuni brani del libro relativi a singole storie. (cb)