Questa mattina, nell'auditorium dell'ospedale dell'Angelo di Mestre, oltre 500 tra delegati, rappresentanti della sicurezza e lavoratori di tutto il Veneto hanno animato l'Assemblea di Cgil, Cisl e Uil regionali dal titolo "Lavoro, prevenzione, sicurezza: dalle parole ai fatti. Istituzioni e imprese facciano la loro parte".

I dati esposti dai sindacati veneti presentano poche luci e molte ombre. Se le morti sul lavoro nei primi 10 mesi del 2019 sono diminuite rispetto al terribile 2018 (- 18%), gli infortuni sono stati 64.162 (in crescita dell'1%), con incrementi paurosi per i lavoratori tra i 55 e i 59 anni (+ 9%) e significativi per i lavoratori extracomunitari (+4%). Particolarmente colpiti anche le donne e i giovani.

I sindacati e i lavoratori hanno denunciato il fatto che il Piano strategico regionale per la sicurezza sul lavoro, firmato nel luglio del 2018, è ancora largamente inattuato. A partire dagli Ispettori Spisal, che sarebbero dovuti aumentare in due anni di 60 unità (30 entro il 2018, e almeno altrettanti nel 2019), mentre ne abbiamo appena 8 in più rispetto ai 127 del 2018. Un numero, secondo Cgil, Cisl e Uil “inaccettabile per un tessuto produttivo che, per essere vigilato, avrebbe bisogno almeno del doppio degli ispettori attualmente in forze”. "Caro Zaia - è stata la domanda rivolta al presidente della Regione - in quale cassetto hai richiuso gli impegni che hai solennemente firmato con noi e con decine di soggetti istituzionali e sociali?". Dall'applicazione di quel piano, hanno ricordato i sindacati, “dipende la salute di migliaia e migliaia di lavoratrici e lavoratori veneti e sulla vita delle persone non si scherza, non si fa propaganda, non si assumono impegni per poi non rispettarli”.

Delle richieste sono state avanzate anche alle imprese, per le quali “l'inerzia della politica non può fungere da alibi per scansare le responsabilità del mondo produttivo. I problemi, in questo caso, sono diversi”. Il sistema delle imprese, si legge nel comunicato congiunto firmato da Cgil, Cisl e Uil, “non ha mai brillato per propensione all'innovazione e agli investimenti”, e “ha perso un intero ciclo di investimenti nei 10 anni di crisi che abbiamo alle spalle. A cominciare da quelli necessari per garantire una produzione in piena salute e sicurezza per i lavoratori. Così, quando la produzione è ripartita, sono aumentati lo stress lavoro - correlato e gli infortuni”.

Il pericolo, ora, è che con la stagnazione dell'economia in corso “si ripeta il medesimo, fatale errore”. Sul banco degli imputati sono poi finiti “la frantumazione dei cicli produttivi e il sistema di appalti e subappalti fondati sulla logica del massimo ribasso”. E a pagare un prezzo più alto “sono stati i lavoratori che hanno subito il taglio dei salari e la riduzione dei diritti, a partire proprio dal diritto a lavorare sicuri”.

Stesso discorso vale per la precarietà dei rapporti di lavoro, “che impedisce una formazione adeguata e continua e rende ricattabili i lavoratori, i quali spesso nemmeno denunciano le situazioni di pericolo in cui operano”. Da qui il dato dell'incidenza degli infortuni sulle nuove generazioni, superiore alla media “proprio perché in questa fascia di età l'instabilità lavorativa colpisce più duramente”. Anche le donne sono particolarmente a rischio, “perché su di loro incide l'enorme stress che il doppio carico di lavoro - quello in fabbrica o in ufficio e quello di cura - produce.

E non è un caso se sono tantissime le donne che subiscono incidenti in itinere, che non vengono neanche contabilizzati come se ciò che succede fuori dai cancelli delle fabbriche non fosse un problema da affrontare”. Infine, è stata posta la questione dei lavoratori più anziani, che le regole previdenziali in vigore “costringono a svolgere mansioni gravose e pericolose fino a un'età improponibile”. "Di innalzamento generalizzato dell'età pensionabile si può anche morire", hanno ribadito i sindacati, che intendono a livello nazionale riaprire la partita della riforma della Legge Fornero.

Ma Cgil, Cisl e Uil si sono interrogati anche sull'efficacia della loro azione nei luoghi di lavoro, annunciando di "volersi impegnare ancor di più che in passato per fare della salute e della sicurezza la grande priorità della contrattazione territoriale e aziendale, fabbrica per fabbrica, posto di lavoro per posto di lavoro”.

"Da oggi - hanno concluso Christian Ferrari, Gianfranco Refosco, Gerardo Colamarco (segretari generali di Cgil, Cisl e Uil del Veneto) - riapriamo e rilanciamo la vertenza per la salute e la sicurezza del mondo del lavoro nella nostra Regione. Il tavolo regionale va riconvocato subito, con tutti i firmatari del Piano Strategico, per riprendere e accelerare la sua effettiva e completa attuazione. Se ciò non avverrà, inizieremo il nuovo anno nel segno della mobilitazione e della lotta di tutto il mondo del lavoro veneto. I dati sui morti e sugli incidenti sul lavoro sono indegni di un Paese civile e di una delle regioni manifatturiere più importanti d'Europa. Diciamo basta. Finché non riusciremo a far lavorare in sicurezza ogni lavoratore, dai settori più qualificati a quelli più a rischio, non daremo tregua alla politica, non daremo tregua alle imprese, non daremo tregua neppure a noi stessi".