La sicurezza nel mondo della pesca subisce un altro slittamento. “Grazie al dl 57 il settore non troverà la giusta collocazione all’interno del Testo unico – dichiara Giovanni Mininni, della segreteria nazionale Flai Cgil –. Una norma che per il resto dei lavoratori italiani ha avuto effetto dal lontano 15 maggio 2008, ma per i lavoratori della pesca non trova applicazione. Di anno in anno, di proroga in proroga, a quattro anni di distanza, il settore della pesca italiana non ha ancora un decreto specifico, necessario per armonizzare le norme esistenti ai dettami del Testo unico, così come previsto dallo stesso decreto”.

Nel frattempo, i pescatori continuano a lavorare in condizioni di sicurezza non più adeguate a un settore che evolve. E a poco servono i continui sforzi che il sindacato compie nel sollecitare i lavoratori e le imprese a modificare i comportamenti quotidiani e ad aderire a una cultura della sicurezza, se dopo quattro anni non si è ancora definita una legge che dia loro le giuste indicazioni. “Esprimiamo tutta la nostra indignazione e rabbia – prosegue Mininni – per quanto previsto dal decreto legge 12 maggio 2012 n. 57. Questo è un settore dove gli infortuni sono frequenti e spesso gravi, tanto da competere, in rapporto agli addetti, con il triste primato degli infortuni mortali dell’edilizia”.

Un’altra prova della marginalità di cui soffre la pesca italiana, commentano in casa sindacale. “Nella pesca – afferma ancora Mininni –, considerato un settore produttivo a tutti gli effetti, i lavoratori non beneficiano di un sistema di tutele sociali al pari dei lavoratori degli altri settori”. Ora la beffa del dl 57. “Chiediamo – conclude il segretario Flai – che a breve venga riconvocato il tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali fermo ormai da anni senza alcun motivo. Solo con la ripresa del confronto e con l’assunzione di responsabilità da parte dei ministeri competenti si può giungere a una rapida e positiva conclusione”.