Serve un deciso cambio di politica economica e sociale da parte dell'Unione europea. L'Italia deve battersi nelle sedi opportune per un'Europa più forte ma differente, non prona ai desiderata e alle logiche della finanza internazionale. È quanto, in sostanza, quanto chiede la Cgil nella lettera che la segreteria Susanna Camusso ha inviato a tutta l'organizzazione, per esigere una forte riaffermazione della collocazione europeista del sindacato, ma in un'Europa che deve comunque cambiare. “È evidente che le regole che l'Unione europea si è data per definire il processo della sua governance economica e per il governo dell'Unione economica e monetaria non funzionano” - ha commentato Fausto Durante, responsabile delle politiche internazionali di corso d'Italia ai microfoni di RadioArticolo1.

“Non funzionano - ha detto Durante - perché sono improntate a una cultura di stampo liberista e fissano percentuali di rapporto debito-Pil e deficit-Pil che non tengono conto della dinamica concreta dell'economia e dell'evoluzione economica dei singoli stati. Sono sbagliate perché si basano su un'idea di ottuso controllo della disciplina di bilancio e un'ossessione sui conti trasmessa da una cultura germanico-scandinava che ha messo il piombo sulle ali della possibilità di ripresa”.

Per questo la Cgil, insieme alla Confederazione europea dei sindacati chiede “un'inversione di tendenza”, che permetta un passaggio “dall'austerity cieca e senza prospettive” a una “politica espansiva, di sviluppo e di investimenti mirati alla creazione di occupazione giovanile, buona e stabile”. Solo così si potranno mettere in campo la “difesa dell'industria europea, il rilancio del nostro apparato industriale, dei servizi e della dimensione pubblica della spesa”. Se invece l'Europa invece continua a rimanere “prigioniera della gabbia economica che si è costruita da sola”, i lavoratori e i cittadini “si allontaneranno sempre di più dall'idea del sogno europeo.”

L'Italia, tra i fondatori dell'Unione, ha qualche responsabilità in più rispetto ad altri paesi per far sì che l'Europa cambi, e torni ad essere quello che i padri fondatori pensavano dovesse essere. La strada da intraprendere, però, secondo Durante “non è sicuramente quella dei colpi di mano e dei pugni sbattuti sul tavolo per finta”, e non è nemmeno quella “dell'accettazione supina delle politiche europee senza un'efficace opposizione o un'alternativa da prospettare”. L'inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione, tra l'altro, nel 2011 fu votato alla Camera da tutti i partiti, compresa quella Lega che “oggi blatera di presunti golpe e forzature costituzionali che non esistono”. La strada per cambiare le politiche dell'Unione europea, invece, “dev'essere ispirata dalla volontà di cambiare l'Europa per salvarla”, altrimenti siamo davanti a “un esercizio di avventurismo e di irresponsabilità politica”,

Bisognerebbe quindi che il nostro Paese avanzasse “proposte alternative a quelle che vanno per la maggiore nei circoli economici e culturali che influenzano la politica di Bruxelles”. Proposte che per Durante “non possono che poggiare su una diversa analisi della fase economica attuale”. “Non siamo condannati all'austerity - ha affermato ancora -, altrove si stanno mettendo in campo politiche espansive, e politiche pubbliche di creazione di posti lavoro nella manutenzione del territorio, nella salvaguardia delle grandi opere, nel rilancio dell'industria primaria”. Insomma, “non è obbligatorio rimanere prigionieri dei vincoli del 3% e del del fiscal compact”. Questi lacci, infatti, “devono essere superati”.

La ricetta della Cgil e della Confederazione europea dei sindacati si basa su tre pilastri: “Un piano straordinario di investimenti per lo sviluppo e l'infrastrutturazione europea di 250 miliardi di euro all'anno per 10 anni. Poi bisogna mettere mano al processo di governance dell'Unione economica e monetaria facendo sì che le rappresentanze del lavoro siano coinvolte e consultate prima che la Commissione europea produca le raccomandazioni specifiche per ogni Paese. Infine bisogna attuare il pilastro europeo dei diritti sociali approvato a Goteborg in un summit straordinario dei capi di stato e di governo dei paesi dell'Unione europea, ma che finora non ha avuto esecuzione”.

Proposte concrete, insomma, ma che necessitano della “volontà politica di farle vivere”. Chi rappresenta l'Italia in Europa, conclude quindi Durante, deve “aggregarsi al gruppo di Paesi che vogliono salvare l'economia europea, ridare una prospettiva al mondo del lavoro su scala continentale e cambiare l'Europa. Per non farne tramontare lo spirito originario e la capacità propulsiva”. È questo il cimento a cui è chiamata l'Italia: “Una sfida che le forze politiche devono vivere in maniera intelligente, non lasciandosi andare a sottovalutazioni e atteggiamenti distruttivi. Perché fuori dall'Europa non c'è futuro per noi”.