In un plesso studiano i ragazzi “dell'alta borghesia” assieme ai figli “di colf e badanti che lavorano per le loro famiglie”, mentre nella sede che si trova “nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario” ci sono gli alunni di “estrazione sociale medio-bassa”. A dare notizia della descrizione classista presente sul sito dell’Istituto comprensivo di via Trionfale di Roma è stato oggi il quotidiano Leggo. La notizia ha generato indignazione da più parti. “La scuola è un luogo educativo e inclusivo, non può avere categorizzazioni superficiali e inutili”, sottolinea il presidente dell’Associazione dei presidi del Lazio, Mario Rusconi: “Non si possono evidenziare eventuali differenziazioni socio-culturali degli alunni iscritti poiché, tra l'altro, oltre a dare una cattiva rappresentazione di se stessa agli occhi di chi legge, corre anche il rischio di originare idee o forme classiste”.

Netta condanna anche dal mondo sindacale: “È inaccettabile che ancora nel 2020 si facciano differenziazioni in base al rango socio-economico” commenta il segretario generale della Flc Cgil di Roma e Lazio Alessandro Tatarella. Il sindacato dei lavoratori della conoscenza ritiene “intollerabile che un’istituzione della Repubblica come la scuola alimenti e perpetri distinzioni in ordine di classe, tradendo il proprio ruolo pedagogico, inclusivo e di rimozione delle disparità per dare a tutte e tutti le stesse opportunità sociali. La scuola ha il compito di trasmettere i valori dell’uguaglianza, di abbattere le divisioni socio economiche e culturali, dare a tutte e tutti pari possibilità per un’istruzione di qualità”.

“Il periodo delle iscrizioni dovrebbe essere un momento di riflessione pedagogica finalizzato alla crescita umana di ogni alunna e di ogni alunno, non la caccia spudorata al miglior prodotto sul mercato”. Così la Flc Cgil nazionale, in una nota. L'episodio della scuola romana che fornisce sul suo sito, nella sezione dedicata alla presentazione dell’Istituto, elementi di dettaglio sulle caratteristiche economico-sociali della platea scolastica “è l’esempio lampante di ciò a cui può portare la cattiva gestione dei dati al fine di trasformare l’orientamento scolastico in una ricerca di affermazione sul mercato dell'istruzione, conseguenza di una deleteria cultura liberista”.

In particolare, prosegue il sindacato, “riteniamo che il sistema di Scuole in Chiaro, dove compaiono anche i dati delle prove Invalsi e il Rav, non sia un aiuto per le famiglie, ma la forma più perversa e deleteria di benchmarking. Le scuole, tutte le scuole, devono essere luoghi di inclusione sociale, culturale e pedagogica. Per questo chiediamo alla ministra Lucia Azzolina di aggiungere un punto al suo decalogo sulle priorità da affrontare da subito: la gestione del Sistema nazionale di valutazione”.

La Flc “continua ad esprimere in ogni sede la sua contrarietà alle graduatorie di scuole e all’uso distorto dei dati delle prove Invalsi e del Rav, strumenti di autodiagnosi, non di mercato”. La ministra, da parte sua, “apra subito un confronto con le parti sindacali, a partire dalla gestione e dagli indirizzi del Miur, e, nel merito, apra un confronto anche sul Sistema nazionale di valutazione, sulle sue finalità e sulle sue modalità di attuazione: attualmente è un sistema alla deriva, che deve essere ripensato per offrire indicazioni di investimento per il miglioramento, non giudizi parziali che servono soltanto a segnare ulteriori diseguaglianze”. Come sindacato, infine, “abbiamo già aperto un dibattito al nostro interno che stiamo per portare in tutte le scuole del Paese, perché il tema della valutazione del sistema scolastico sia frutto di una cultura del progresso e non dell'esclusione”.