Interventi per affrontare una crisi di cui si conosce l’inizio, ma che rischia di andare ben oltre la prossima auspicabile fine dell’emergenza sanitaria: di questo si è discusso in un tavolo appositamente convocato dal ministero dei Beni Culturali e del Turismo oggi (28 febbraio) alla presenza di sindacati confederali e di categoria e di tutte le associazioni di rappresentanza datoriale. La Cgil assieme alla Filcams ha espresso la grande preoccupazione di milioni di lavoratori che rappresentano il front office vivente dell’ospitalità del nostro Paese. Un immagine, giova ricordarlo, fortemente incrinata da allarmismi non sempre giustificati, e campagne mediatiche sensazionalistiche che hanno arrecato danni, allo stato, non quantificabili alla “marca italia”.

Camerieri, portieri, receptionist, addetti alla pulizia delle camere di alberghi, marinai di salvataggio, guide turistiche, operatori di agenzia di viaggio, baristi, cuochi, addetti alla ristorazione scolastica: tutti stanno scontando o sconteranno gli effetti di una flessione della domanda che rischia di protrarsi a lungo. È necessario proteggere il lavoro attraverso un adeguato sistema di ammortizzatori sociali di cui il settore è quasi completamente sprovvisto; non è pensabile quindi che i futuri interventi normativi si limitino a dare risposte alla cosiddetta zona rossa. Le risorse ci sono, basterebbe rendere maggiormente semplificato l’accesso ai vari istituti (Fis, Cigo) e almeno in prima battuta, predisporre il ricorso a strumenti straordinari per offrire garanzie reddituali a tutti i lavoratori subordinati e non.

Sul piano più ampio delle politiche generali di settore, bisogna avere la capacità di “tenere tutto assieme”: gestione dell’emergenza, predisposizione di interventi strutturali a sostegno della domanda e della qualificazione dei livelli occupazionali, strategie per il rilancio. Per ottenere questo ambizioso obbiettivo che guarda oltre l’impatto del coronavirus c’è bisogno di una governance partecipata del settore, una cabina di regia che veda giocare un ruolo proattivo da tutti gli interlocutori a partire da chi rappresenta il lavoro; un lavoro che, tradizionalmente, continua a essere precario, sottopagato e attraversato da irregolarità e illegalità. Le prossime iniziative che il governo assumerà si riveleranno decisive per capire se, un settore della nostra economia che genera quasi il 13% del Pil, può rappresentare, pur in un contesto così avverso, un volano credibile per una ripresa del sistema Paese. Ecco perché abbiamo insistito che non si inaugurino pericolose rivisitazioni di politiche dei due tempi, ma si proceda con una visione di insieme fin da subito.

Il ministro Franceschini si è impegnato a farsi portavoce in sede di Consiglio dei ministri delle istanze emerse da più di due ore di confronto, in cui i diversi interventi che si sono susseguiti hanno rappresentato un quadro critico anche sul fronte imprenditoriale, alle prese con disdette, cancellazioni, difficili rapporti con i fornitori a partire dai grandi vettori aerei. Apprezzabile è apparsa la volontà di tutte le parti presenti a condividere azioni comuni non finalizzate alla risposta ai bisogni immediati che l’emergenza sta determinando, ma rivolte alla tenuta futura e complessiva del settore. In chiusura, il ministro ha dichiarare di volere operare per un "graduale ritorno alla normalità" che porti a riflessioni, territorio per territorio, situazione per situazione, sulla opportunità di riaprire cinema, teatri, siti culturali. Per la Cgil tornare alla normalità significa tornare al lavoro. Nessuno escluso.