Su RadioArticolo1, alla rubrica 'Lavoro pubblico' (realizzata in collaborazione con la Fp Cgil), sono intervenuti alcuni lavoratori precari della giustizia, oggi (17 aprile) in presidio in diverse città italiane. "A Napoli – ha raccontato uno di loro, Antonio Cavallaro –, l'atmosfera è calda, siamo oltre 150. Il presidio è iniziato stamattina e proseguirà fino alle 17. Le ragioni della nostra protesta nascono dal fatto che la giustizia, per essere riformata davvero, deve guardare anche a noi tirocinanti, che dal 1° maggio saremo tutti fuori gioco: una decisione incomprensibile, visto che, a livello nazionale, il personale dei tribunali è sotto organico di oltre 9.000 unità. Ora aspettiamo un segnale forte dal Governo, che deve prendere provvedimenti urgenti entro questo mese, trovando gli strumenti normativi opportuni per metterci in regola. Dopo questa giornata, il 28 aprile organizzeremo una grande manifestazione nazionale a Roma".

Stefania Di Giovanni, tirocinante della giustizia presso il tribunale di Pescara, ha aggiunto: "Ho iniziato a collaborare nel 2010, e fin da subito ho trovato l'attività interessante, per le conoscenze che ti permette di avere del settore, ma dal lato della valorizzazione professionale è un percorso duro da fare e per nulla gratificante. Avere un contratto da tirocinio, significa non vedersi riconosciuti nè malattia nè maternità nè ferie nè contributi. Ma come può un Paese civile ritrovarsi con lavoratori in tali condizioni? Questo è sfruttamento vero e proprio.

"Poi ci sono altri aspetti negativi – ha proseguito la lavoratrice pescarese –: ad esempio, non possiamo andare a lavorare tutti i giorni, in quanto ci vengono assegnati periodicamente dei pacchetti di ore. Il nostro, è un percorso ridotto anche in termini economici: siamo retribuiti 10 euro lordi l'ora. A febbraio, ho percepito 500 euro, avendo lavorato 50 ore. Eppure, quello del tirocinante è un lavoro a tutti gli effetti, nel senso che la mattina veniamo assegnati ai diversi uffici giudiziari, dove siamo una presenza preponderante. Io vado presso la cancelleria civile del tribunale e faccio tutto quello che c'è da fare. Il nostro, è un supporto prezioso, nel senso che senza di noi si blocca tutta l'attività. Ormai, dopo cinque anni, siamo diventati parte integrante del personale, abbiamo una nostra autonomia, il lavoro lo conosciamo bene e il nostro contributo è voluto e apprezzato dai nostri dirigenti".

"Siamo giunti a un momento di svolta – ha aggiunto Di Giovanni –. Il governo deve assumersi le proprie responsabilità verso le nostre figure. Che senso ha formare 2.600 persone per cinque anni, se poi non gli si dà un futuro? Ognuno di noi, oggi, si chiede: a cosa è servito tutto questo tempo? Oltretutto, abbiamo maturato una formazione specifica per gli uffici giudiziari, di cui in un altro contesto non sapremmo che farcene. Abbiamo deciso di scendere in piazza, proprio perchè il Guardasigilli finora non ci ha ascoltato. Un'esigenza pressante per l'immediato, è che il ministero ci ha inseriti in due percorsi di formazione - tirocinio e perfezionamento del tirocinio -, che dobbiamo ancora concludere: ci mancano 50 ore, ma attendiamo sempre la circolare apposita".