“Dall’accordo del 23 luglio 1993 a oggi, 24 anni dopo, si disegnano salari fermi. All’inizio della crisi, nel 2007, il salario reale era in media di 30 mila euro lordi annui, mentre nel 2017 è pari a 29.100 euro. C’è stata una perdita mensile pari a 75 euro, e senza crescita aumentano le diseguaglianze nel paese e nel lavoro”. A dirlo è il rapporto “Poveri salari, tra diseguaglianze, crisi bancarie e contratti”, realizzato dall’istituto di studi e ricerche Lab della Fisac Cgil, presieduto dal segretario generale Agostino Megale.

Proprio le diseguaglianze rappresentano uno dei mali dell’economia contemporanea evidenziati nel rapporto. “In Italia ci sono oltre 13 milioni 200 mila persone in condizione di povertà assoluta o relativa: 4 milioni 742 mila di povertà assoluta, 8 milioni 465 mila di relativa” spiega il rapporto. Che rivela un paese diseguale anche tra gli stessi lavoratori: “Salari più bassi percepiscono le donne rispetto agli uomini (-20 per cento), i lavoratori del Mezzogiorno rispetto alla media nazionale (-14 per cento), i giovani (-21), i precari (-23) e gli immigrati (-20)”.

Il rapporto evidenzia anche le altre difficoltà dell’Italia. Nel nostro paese “il livello del Pil è ancora inferiore di oltre il 7 per cento rispetto al 2008 (anno d’inizio della crisi): in Spagna il recupero è quasi completo, mentre Francia e Germania, che nel 2011 avevano già recuperato i livelli di attività pre-crisi, segnano progressi pari rispettivamente al 4 e all’8 per cento”. Grandi difficoltà si segnalano pure gli investimenti, che in Italia “è inferiore, a prezzi correnti e rispetto alla media europea, di circa il 15 per cento in Italia: in Spagna è inferiore dell’8 per cento, mentre in Germania e Francia è superiore rispettivamente del 16 e del 21 per cento”.

Il rapporto della Fisac Cgil rimarca, dunque, che “mancano gli investimenti” e che “il Paese non cresce o cresce relativamente meno da vent’anni. Senza investimenti è ferma la produttività e il lavoro diventa povero”. La conseguenza, conclude lo studio, è che “in Germania e Francia un lavoratore percepisce, rispettivamente, in media 765 e 640 euro in più al mese.
Senza investimenti non c’è crescita, non c’è produttività e occupazione di qualità. E senza investimenti, ci sono soltanto poveri salari”.