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Sono giorni di burrasca in casa Fiat. Sabato è in programma l'atteso incontro tra governo e management del Lingotto per chiarire quali sono i veri progetti dell'industria automobilistica in Italia. Ma intanto a Pomigliano, là dove è cominciato il "dopo Cristo" di Marchionne, succede qualcosa di inedito. Succede che un iscritto alla Fim Cisl, con la tessera in tasca da anni, si ritrovi fianco a fianco con colleghi tesserati alla Fiom, impegnati nella lotta per riavere il proprio posto di lavoro.
La storia, raccolta e raccontata dall'Ansa, è quella di un operaio di 33 anni, Michele Eto, che al pari dei colleghi della Fiom Cgil si sente “discriminato” per non essere ancora stato assunto nella newco di Pomigliano, nonostante il corso di formazione all'interno dello stabilimento, e nonostante il suo “tesseramento ad uno dei sindacati firmatari dell'accordo”.
Eto, operaio al montaggio del modello Alfa 147, sia ieri che oggi è stato a fianco degli iscritti Fiom “per la lotta in difesa del lavoro, non da tesserato - puntualizza - ma perché sono nelle loro stesse condizioni, cassaintegrato con la speranza di lavorare di nuovo”.
“Un anno fa - racconta all'Ansa il 33enne - fui chiamato in fabbrica per il corso di formazione, che di solito è antecedente all'assunzione in Fip. Per una settimana ho frequentato il corso, senza timbrare il cartellino, naturalmente, e sono stato sulla linea di montaggio, producendo circa 300 pezzi che dicevano era per addestramento. Il direttore ci spiegò che eravamo fortunati ad essere lì, perché il prossimo passo sarebbe stata l'assunzione nella newco. Facevo parte di un gruppo di sei operai, ma sono stato l'unico ad essere scartato, così come ero l'unico che non proveniva dallo stesso reparto del team leader che ha effettuato il corso”.
L'operaio della Fim Cisl ha lavorato per l'ultima volta proprio il 22 giugno 2010, il giorno del famigerato referendum di Pomigliano, quello che sancì l'inizio della rottura con la Fiom e l'accordo separato tra Fiat e le altre sigle sindacali. “Ero in fabbrica – ricorda l'operaio - mentre i lavoratori votavano per quel benedetto referendum. Le cose dovevano migliorare, ed invece a due anni da allora, sono ancora fuori, ad aspettare che si ritorni tutti dentro a lavorare, con i sindacati firmatari che continuano a dire che tutto va bene. Ma io non ne sono più tanto convinto”.