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Sono passati esattamente 22 mesi da quando Nestlé accusava il sindacato di diffondere “inutili e infondati allarmismi” sulla situazione in Perugina, parlando di 300 esuberi che – scriveva la multinazionale in un comunicato - “sono un’elaborazione sindacale priva di qualsiasi riscontro”. Ora però il quadro è cambiato, e parecchio. Dopo l’ultimo incontro in Confindustria, martedì 6 giugno a Perugia, è stata proprio Nestlé Italia, per bocca del suo massimo dirigente, l’amministratore delegato Leo Wencell, ad annunciare con un altro comunicato che in Perugina “emerge l’esigenza di procedere ad un riequilibrio occupazionale che, ad oggi, stimiamo possa coinvolgere circa 340 addetti”. Una cifra monstre visti gli attuali numeri dell’azienda di San Sisto (Perugia), che risulta ancora più inaccettabile, per i sindacati, alla luce del percorso fatto nell’arco degli ultimi due anni.
Dopo la presentazione nel 2015 del “Piano industriale degli operai”, a cura della Rsu, un documento con proposte e idee per il futuro della storica fabbrica di cioccolata, si è avviato infatti un percorso di confronto tra azienda e parti sociali, con il coinvolgimento delle istituzioni, che ha portato nel marzo 2016 all’accordo sul piano di rilancio di Perugina, con 60 milioni di euro di investimenti. Un piano che – sono ancora parole della multinazionale – punta a “potenziare lo stabilimento di San Sisto per confermare la posizione come uno dei poli produttivi di eccellenza del cioccolato all’interno del gruppo Nestlé, per rafforzare la posizione dello storico marchio in Italia e per fare di Perugina una simbolo di made in Italy in tutto il mondo, come accaduto nel settore delle acque per il marchio San Pellegrino”. Ma non è tutto, la multinazionale infatti preannunciava “interessanti opportunità di contro-stagionalità”, proprio per far fronte ad uno dei problemi storici dell’azienda, ovvero la forte stagionalità delle produzioni, che ha effetti diretti sulla capacità di tenuta occupazionale della fabbrica.
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Parole e impegni che poco si conciliano con l’ultima uscita sulla necessità di “ricollocazione” di quasi la metà degli attuali dipendenti diretti (circa 870). E allora ecco la risposta della Rsu Perugina che ha proclamato lo stato di agitazione: “Ancora una volta Nestlé straccia completamente l’accordo firmato un anno fa che aveva la finalità di riassorbire gli esuberi e di gestire eventuali situazioni di criticità senza impatti sociali – scrivono i rappresentanti sindacali di Perugina - Quello che invece emerge è la visione da parte della multinazionale di voler fare della nostra una fabbrichetta da sottoscala. Ebbene – sottolinea la Rsu - sappiate una cosa: non si può fare!”.
“Basta con le provocazioni e gli scatti in avanti privi di senso – continua la nota della Rsu rivolta a Nestlé - a Perugia serve il lavoro e questo lo devi trovare tu. La responsabilità sociale di una multinazionale nei riguardi di un territorio è anche questa”. Mercoledì 14 giugno ci saranno le assemblee in fabbrica e il giorno successivo l’incontro in Regione e comunichiamo che il giorno successivo è stato convocato il tavolo istituzionale presso la Regione dell’Umbria. “Da quel tavolo – conclude la Rsu - ci attendiamo risposte degne della storia della nostra fabbrica”.