Martedì 9 maggio 1978, trentasette anni fa, l'Italia intera visse una giornata tragica. A Cinisi, alle porte di Palermo, i carabinieri trovarono un tratto di ferrovia divelto e resti umani sparsi nel raggio di 300 metri. A circa 20 metri, la Fiat 850 di Peppino Impastato, trent'anni, leader della lista di Democrazia proletaria nella campagna elettorale in corso per il rinnovo del consiglio comunale e giornalista di Radio-Aut, piccola emittente alternativa di Terrasini. Più o meno alla stessa ora, a Roma , in via Caetani, dentro una Renault 4 rossa, fu trovato il cadavere di Aldo Moro, presidente della Dc nelle mani daelle le Brigate Rosse da 54 giorni.

Ovviamente sulla stampa la notizia della morte di Moro la fece da padrone, mentre quella di Impastato passò sotto silenzio. "Giuseppe Impastato, militante di Democrazia Proletaria, saltato in aria mentre stava preparando un attentato sulla linea ferrata Palermo-Trapani", scrisse qualcuno. Forse un attentato-suicidio, si aggiunse dopo che i carabinieri trovarono in casa della zia una lettera, scritta mesi prima, in cui Impastato confessava i suoi propositi di suicidio.

Così, mentre a Roma
le Brigate Rosse avevano fatto trovare il corpo senza vita di Moro, ad un brigatista di Cinisi era andata male, saltando in aria con il tritolo che voleva piazzare sotto le rotaie, fu la conclusione degli investigatori. Le cose, però, non erano andate così. Gli amici di Peppino, la madre Felicia Bartolotta, il fratello Giovanni, l'11 maggio tornarono sul luogo del delitto. Videro un casolare a qualche centinaio di metri, lo esplorarono e trovarono altri resti umani e una grossa pietra con una macchia di sangue. Presto si scoprì che il sangue era dello stesso gruppo di Peppino. Poi, il 14 maggio, alle elezioni amministrative di Cinisi, Peppino Impastato venne eletto con 264 voti di preferenza e Democrazia proletaria ottenne il 6% dei voti.

Quel che accadde la notte tra l'8 e il 9 maggio 1978 ormai è noto. La Fiat 850 con Peppino a bordo fu bloccata lungo la litoranea Terrasini-Cinisi, presumibilmente da due o tre persone. Il giovane "fu stordito... e fatto passare accanto al posto di guida... quindi fu condotto, con la sua stessa autovettura, fino al caseggiato rurale del Venuti", racconta Giuseppe Casarrubea nell’introduzione al libro di Salvo Vitale "Nel cuore dei Coralli". "Qui - aggiunge - venne sottoposto ad atroci torture, finché il suo corpo sanguinante fu adagiato a terra con la testa poggiata sul lato più stretto del sedile... Ma se lo avessero lasciato così lo scopo di quel barbaro assassinio sarebbe fallito. I suoi carnefici volevano ucciderlo due volte". Ed inscenarono la rappresentazione dell’attentato-suicidio, con una superficialità complice dal rapporto dei carabinieri. Non a caso, la Commissione parlamentare antimafia, il 6 dicembre 2000, approvò all’unanimità la relazione sul "caso Impastato", in cui si riconobbero le responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini sul delitto Impastato. 

Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise di Palermo ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole dell’omicidio Impastato, condannandolo a 30 anni di reclusione. L’11 aprile 2002 la Terza Sezione della Corte d’Assise del Tribunale di Palermo ha potuto pronunciare la sentenza di condanna all’ergastolo di Gaetano Badalamenti. "Alla luce di tutte le considerazioni svolte - affermò la Corte – va pertanto affermata la responsabilità del Badalamenti in ordine al delitto di omicidio aggravato dalla premeditazione allo stesso ascritto al capo a), senza che sussistano i presupposti per la concessione di attenuanti ed in particolare di quelle generiche, tenuto conto della personalità dell’imputato, del riprovevole movente e dell’efferatezza della condotta". Impastato aveva attaccato il padrino di Cinisi don Tano Badalamenti dai microfoni di "Radio-Aut", denunciando senza soste le collusioni tra mafia e politica.

Nel 2000, “I cento passi”, il film su Peppino Impastato del regista Marco Tullio Giordana aveva commosso l’Italia e il mondo, scelto anche per rappresentare l’Italia all’Oscar. Non vinse, ma ma nell’aprile del 2001 conquistò cinque David di Donatello.