'Per il diritto a una vecchiaia serena'. È lo slogan del convegno sulle pensioni che si è tenuto stamattina a Roma (Corso Italia, 25) presso la sede nazionale della Cgil. Ma con la 'Fornero', la riforma vigente, il futuro previdenziale di milioni di persone si prospetta davvero a tinte fosche. Ragion per cui, quella legge va cambiata al più presto, per arrivare a un modello più equo e sostenibile, hanno ripetuto tutti i dirigenti sindacali che sono intervenuti nel corso dell'assemblea.

A partire da Gian Paolo Patta, della Cgil nazionale, che ha tracciato in apertura lo stato del nostro sistema previdenziale, con tutte le sue criticità e iniquità. "In realtà, la legge n° 92 del 28 giugno 2012 è una controriforma, che ha ridefinito tutto lo stato sociale, trasformando la responsabilità solidaristica, contenuta della vecchia norma, dove i lavoratori attivi si facevano carico di quelli inattivi, nell'individualità del diritto, con prestazioni legate unicamente al reddito e con un'accentuazione dell'impianto di tipo assicurativo. Il risultato, purtroppo, è stato di avere pensioni dai rendimenti più bassi, con uno slittamento di almeno sei anni per raggiungerne il godimento".

L'attuale riforma si può riassumere in cinque punti: estensione del sistema contributivo; eliminazione delle pensioni di anzianità; adeguamento biennale di requisiti e coefficienti alla speranza di vita degli italiani; introduzione di requisiti minimi rigidi all'interno del sistema contributivo, blocco delle perequazioni. "In primis – ha spiegato Fulvio Rubino, dell'Inca nazionale –, è stata introdotta una nuova logica del sistema, 'più lavori, più pensione avrai', con un meccanismo che premia chi ha le retribuzioni più alte, mentre non c'è più il minimo pensionabile che esisteva con il precedente modello retributivo. Per quanto riguarda il secondo aspetto, rimangono in vigore solo le pensioni di vecchiaia e quelle anticipate, ottenibili, però, con particolari requisiti d'accesso e penalizzazioni che si accentuano con il passare degli anni: nel 2035, ad esempio, ci vorranno 45 anni di contributi per andare in pensione, traguardo difficilmente ottenibile per la quasi totalità dei lavoratori. Discutibile, è anche il concetto per cui ad ogni anno in più di vita debba corrispondere l'aumento di un anno di lavoro; inoltre, è del tutto fuorviante la soglia minima pensionabile di vent'anni di anzianità contributiva e 63 anni di età, con un importo della pensione pari a 2,8 volte l'assegno sociale, equivalente ad almeno 45.000 euro: soglia cui, di fatto, possono raggiungere solo coloro che hanno redditi medio-alti. Infine, in virtù dell'ultimo punto, i pensionati, in mancanza della rivalutazione dell'assegno previdenziale, sono destinati a impoverirsi progressivamente".

Patta ha anche posto l'accento del dramma degli esodati, ricordando che in tre anni ci sono stati già cinque provvedimenti legislativi in merito, con un monte risorse sui 9 miliardi. "Ma il problema non è affatto risolto, e se non si cambiano le attuali norme, la questione rischia di diventare strutturale, con una quota stabile di esodati. Per non parlare dei danni che sempre la 'Fornero' provoca agli ultracinquantenni che perdono il posto, che vedono la pensione come un miraggio, per l'impossibilità di trovare nel frattempo un altro lavoro. Ma i più penalizzati di tutti rimangono i giovani: per loro, si può parlare di una vera e propria macelleria sociale, perchè in prospettiva corrono il pericolo di non avere più alcuna forma di tutela in materia previdenziale".

Ma la riforma in auge è sotto accusa anche per la sua estrema rigidità e per il fatto di aver legato il bilancio della previdenza al bilancio dello stato, con l'unificazione della previdenza pubblica in un solo ente, che oggi viene denominato super Inps, arrivato ad erogare 317 miliardi l'anno di prestazioni sociali. "A causa della 'Fornero' – dice ancora Patta –, il bilancio dell'Inps è peggiorato e la situazione dell'istituto è tutt'altro che tranquilla: la stima per il 2014 è di 12 miliardi di passivo, pur con 367.000 pensioni erogate in meno e - 581.000 iscritti sempre all'ente di previdenza. Il deficit maturato ha mandato in rosso anche tutti i fondi patrimoniali delle diverse categorie di lavoratori, ad eccezione di quello dei lavoratori dipendenti. Questo, sempre a seguito dell'intervento dell'ex ministro del Lavoro, che ha aumentato le diverse aliquote anche di sei punti percentuali. Quelli più penalizzati risultano i lavoratori autonomi, gli artigiani, ma in particolare i parasubordinati, che percepiscono appena un decimo di quello che versano".

I danni più seri della 'Fornero', hanno denunciato i sindacalisti Cgil, arriveranno nel 2018, allorquando il modello retributivo cesserà del tutto. "Per quella data – ha ammonito Sergio Perino, dello Spi nazionale –, il problema delle pensioni esploderà e si andrà dritti al disastro sociale. Il problema è che, dopo tre anni dalla sua entrata in vigore, quella legge non funziona, perchè contempla l'aumento del tempo di lavoro. Peccato che, a seguito della crisi, il lavoro non c'è più. Ragion per cui, in prospettiva, potremmo avere milioni di indigenti che hanno perso il lavoro e non hanno i requisiti per accedere alla pensione. Obiettivo numero uno, dunque, riformare al più presto la 'Fornero', soprattutto sotto il profilo della flessibilità in uscita, consentendo alle persone di andare prima a riposo, senza dover subire penalizzazioni. Già la stragrande maggioranza dei trattamenti pensionistici sono al di sotto dei mille euro, ma oggi, con l'abbassamento dei rendimenti, in molti casi si deve parlare di autentiche pensioni da fame: si può andare a riposo con un assegno di 300 euro?" 

Un settore dalle pensioni sempre più povere è quello del commercio, turismo e servizi. "La situazione è molto difficile – rileva Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale della Filcams –, considerando che quella nostra è in maggioranza un'occupazione femminile precaria, di età media assai bassa. Uno dei limiti più vistosi della 'Fornero' è che è sconnessa alla realtà del mondo del lavoro: va bene, se fai carriera e lavori con continuità, l'esatto contrario di quanto avviene da noi. Se pensiamo alle donne della ristorazione e delle mense, ai lavoratori stagionali o ai part time del commercio, la riforma non funziona assolutamente. Il requisito dei 70 anni di età non è proprio credibile, una penalizzazione assurda per tutti coloro che lavorano con discontinuità per 16 o 30 ore, non certo per colpa loro, ma per l'imposizione di datori di lavoro che hanno fatto del part time verticale un modello organizzativo di riferimento, che coinvolge ormai il 60% dei lavoratori del commercio. Per non parlare di chi sta in appalto a 4-5 ore alla settimana, e deve pure passare da un'impresa all'altra, spesso nel corso della giornata. Tutto ciò ha ripercussioni negative sul modello pensionistico e accentua ancora di più il gap all'interno della categoria, con milioni di persone che non raggiungeranno la soglia per ottenere una pensione dignitosa".

Non va certo meglio nel mondo agroalimentare, come ha riferito Marco Bermani, della Flai nazionale. "Il processo in atto è che, per colpa della 'Fornero', ci ritroviamo con lavoratori sempre più vecchi, che decidono di continuare a lavorare, in grigio o del tutto in nero, piuttosto che andare in pensione, per convenienza economica e anche perchè non sanno come raggiungere i requisiti necessari contemplati dalla legge. Così in molte nostre campagne assistiamo a un cambio della guardia, con braccianti e stagionali italiani di 70 anni al posto di giovani immigrati. Inoltre, c'è il problema dei voucher, che non riguarda più solo il nostro settore, ma si va estendendo a macchia d'olio e sta diventando un tema nazionale".

Vera Lamonica ha riassunto l'argomento pensioni, con un excursus storico sugli ultimi vent'anni. "Dagli anni Novanta ad oggi, si è susseguita una serie di interventi strutturali  in materia previdenziale che hanno profondamente modificato il sistema. Il problema è che non c'è stata mai una riforma organica, ma i governi che si sono succeduti hanno proceduto per stratificazioni successive. La 'Fornero' è una delle più gigantesche operazioni di trasferimento di spesa dal welfare al debito pubblico, con 80 miliardi trasferiti sul bilancio da qui al 2022. Quanto peserà ciò sul Pil? È difficile saperlo, perchè nel frattempo è diminuito il Pil. Quella in vigore è una riforma profondamente iniqua, in quanto trasferisce sul singolo cittadino i rischi della vecchiaia e delle aspettative di vita, non tutela più il lavoro nè la previdenza, ma crea solo nuove povertà. E, per come è stata concepita, non basta qualche correzione, ma c'è la necessità di cambiarla in blocco e di farne una di sistema".

"Intendiamoci - avverte la segreteria confederale della Cgil – il sistema contributivo di per sè non è sbagliato, ma il modello legislativo attuale è troppo rigido, che ha prodotto condizioni insostenibili per il nostro mercato del lavoro, eliminando ogni forma di solidarietà e introducendo meccanismi a ripartizione di tipo assicurativo. Non solo. Ha causato esodati e disoccupati cronici, anche over 55, senza possibilità di soluzione. E in prospettiva, va anche peggio, perchè si creerà una condizione patologica del mondo del lavoro. Il concetto della speranza di vita che vuol dire? È solo un tecnicismo che fa diventare l'età mobile, perchè la vita media di persone che fanno lavori gravosi e usuranti porta a un'età media molto più bassa, 74 anni contro 83. Inoltre, bisogna intervenire sia sulle pensioni anticipate che su quelle di vecchiaia e occorre fissare un tetto sulla base dei contributi da versare, riconoscendo per le donne ai fini pensionistici il lavoro di cura che svolgono quotidianamente".

A chiusura del dibattito, le conclusioni di Nicola Nicolosi, coordinatore nazionale Cgil dell'area programmatica 'Democrazia e lavoro', che ha indicato tre obiettivi da raggiungere sulle pensioni: "Dobbiamo discutere di previdenza, assieme alle altre organizzazioni sindacali, per il superamento della 'Fornero', con il fine di arrivare a una riforma di sistema. Nel contempo, dobbiamo aprire una vertenza generale con il Governo su tale materia, e infine dobbiamo sviluppare sul territorio il dibattito al nostro interno sempre sulle pensioni. L'importante è mettere a punto una proposta che sia giusta, equa e supportata ai bisogni del Paese, che presupponga un nuovo modello di democrazia con il contributo di tutti i soggetti, non solo di lavoratori dipendenti e parasubordinati che attualmente mantengono in vita un sistema che non funziona assolutamente e che penalizza coloro che hanno i redditi più bassi, tutti quelli che faticano e vivono di meno, e in prospettiva, se non cambiano le regole, quei milioni di pensionati che saranno condannati all'indigenza e alla povertà".