(Adnkronos) - Barack Obama ha rinnovato gli appelli all'unità del paese dopo le divisioni elettorali, ma la sua vittoria non mostra un paese unito. Dall'analisi del voto emerge come gli americani con i redditi più alti, ma anche medi, abbiano votato per Mitt Romney e quelli con i redditi più bassi per Barack Obama. La linea della divisione passa sul reddito di 50mila dollari, poco più di 39mila euro: gli elettori con redditi inferiori hanno votato in netta maggioranza per il democratico, il 60% contro il 38%. Ma Romney ha vinto tra gli elettori con redditi dai 50mila dollari in su.



E l'economia è stata il fattore determinante della scelta degli elettori a favore di Obama. Quattro elettori su 10 si sono detti convinti che l'economia è migliorata. Per il 59% degli intervistati all'uscita dai seggi la principale preoccupazione è quella della disoccupazione, e tra questi elettori Mitt Romney ha registrato un certo vantaggio, il 51% contro il 47% per Obama che invece ha conquistato i maggiori favori degli elettori per quanto riguarda la politica estera e le questioni sociali, come la riforma sanitaria. Ma a giocare contro Romney è stato soprattutto il fatto che oltre la metà degli elettori ha espresso la convinzione che, se eletto, il repubblicano avrebbe portato avanti politiche in favore dei ricchi. Solo il 34% degli elettori ha creduto alle promesse di Romney di politiche a sostegno principalmente del ceto medio. Discorso opposto per Obama: il 43% degli elettori ha detto, all'uscita dai seggi, che il presidente difende gli interessi del ceto medio, il 31% ha detto che promuove politiche in favore dei poveri - appena il 2% ha espresso la stessa convinzione riguardo a Romney - e solo il 10% pensa che il presidente favorisca i ceti più ricchi

Secondo il New York Times, la vittoria di Obama "è un forte sostegno alle politiche economiche che enfatizzano la crescita economica, la riforma sanitaria, l'aumento delle tasse e una riduzione bilanciata del debito". È quanto si legge in un commento del New York Times che sottolinea come, anche sul fronte sociale, la rielezione di Obama è una forte sterzata "in favore di politiche moderate sull'immigrazione, aborto e matrimoni gay". Ma – come spiega Angelo Baglioni, docente di Economia Politica all'Università Cattolica di Milano, a Labitalia, "nel dibattito preelettorale americano c'è stato un grande assente, il tema del debito pubblico degli Usa, un dato scomodo su cui sia Obama sia Romney hanno glissato. Ormai il debito pubblico si aggira attorno al 100% del Pil, mentre il disavanzo pubblico è attorno al 10% del Pil. E adesso che la campagna elettorale è terminata, Obama dovrà fare i conti con questi dati, perchè un bel giorno i mercati finanziari, al contrario di quello che avviene oggi, potrebbero decidere che il debito pubblico Usa non è più sostenibile e chiedere il conto".

La situazione del debito pubblico Usa, dice il professore, "è più grave mediamente di quella europea, eppure non sembra essere un tema all'ordine del giorno, ma dovrebbe esserlo, come accade in Europa, anche se gli Usa dispongono di autonomia monetaria".

Per quanto riguarda il lavoro, aggiunge Baglioni, "gli ultimi dati sulla disoccupazione negli Usa sono stati abbastanza incoraggianti: la disoccupazione è scesa infatti sotto l'8%, cosa che non accadeva dal 2009". "E anche se per gli Usa si tratta comunque di una disoccupazione altissima, perché prima gli americani erano abituati a una media intorno al 5%, c'è da dire -precisa l'esperto- che Obama si è trovato di fronte a un quadriennio molto difficile, in cui c'è stata anche una crescita molto bassa (+2%) rispetto ai livelli di crescita prima del 2008".

La sfida sul piano dell'occupazione, dice ancora Baglioni, "si giocherà sulla capacità di aumentare il carico fiscale sui redditi più alti e viceversa di alleggerire la pressione fiscale sui redditi più bassi, favorendo piani di welfare e di assistenza per le fasce più deboli". Poi ci sarà da intervenire sulla formazione del capitale umano, "sulla scuola pubblica -precisa Baglioni- che notoriamentre non è in buone condizioni, ed è di basso livello".

"Improbabile", invece, un 'dietro front' sulla riforma sanitaria, la cosiddetta 'Obama Care', sostiene ancora Baglioni. "La cosa più difficile da far passare per Obama -conclude- sarà proprio l'aumento del carico fiscale sui redditi più alti. Lì c'è un problema vero, perché la Camera rimane in mano ai repubblicani che certo si opporranno. Il tutto potrebbe anche essere rimandato di due anni, a dopo le elezioni di mid term, sempre che -avverte l'economista- vincano i democratici. E si rischia un blocco anche sulle politiche di riduzione del debito e sulle politiche espansive dell'occupazione".