Con le dimissioni del ministro Lupi, è il secondo esponente del Nuovo Centrodestra costretto a lasciare l’esecutivo per vicende, a vario titolo, di familismo amorale. Anche su Alfano sono spesso piovute richieste di dimissioni, ma per ora egli resiste al Viminale. È evidente che soprattutto dalla tenuta del Ncd dipendono le sorti del governo.

Assorbito il grosso dei parlamentari di Scelta civica e una parte di Sel, il Pd sembra alla testa di un governo monocolore. E può permettersi di storcere il naso in merito all’altrui onorabilità e di mantenere però, senza batter ciglio, in carica ben 5 suoi sottosegretari colpiti da scandali e condanne in primo grado. La morale in politica deve sempre vedersela con i rapporti di forza.

E quelli che maturano in questa legislatura sembrano una riproposizione di antichi scenari propri dell’Italietta liberale. Un capo di governo naviga sulle onde calme di un Parlamento piatto, privo di grandi differenziazioni e per questo sempre pronto a ospitare i movimenti di truppe di deputati, preparate a rapide giravolte per andare in sostegno dell’area ministeriale.

In meno di due anni, i dati li riporta “Repubblica”, ci sono stati ben 235 cambi di casacca. Di questi episodi di trasformismo, 119 si sono verificati alla Camera e 116 al Senato. Il flusso degli accasamenti in nuove aggregazioni, rispetto a quelle che hanno consentito l’elezione nel 2013, avviene alla media del 10,2 per cento al mese.

Dopo questi episodi di nomadismo parlamentare si definiscono i contorni di un Partito Unico della Nazione che pesca nelle differenti aree politiche e all’occorrenza, con il soccorso di gruppi in apparenza collocati all’opposizione, schiva trappole e brutte sorprese all’esecutivo.

Saltate le grandi linee di ostilità (sotto il governo Letta si contarono 138 cambi di casacca, e in seguito persino le cosiddette aree estreme si sono disgregate con l’evaporazione di Sel, e la deflagrazione di un non-partito antisistema come il M5S, che ha smarrito 18 deputati alla Camera e 17 al Senato), affiora una palude parlamentare.

Il governo assorbe flussi di questuanti e il sistema politico smarrisce ogni funzionalità. Il ricorso a dinamiche di tipo trasformistico (sotto il governo Renzi si sono già registrate 97 mutazioni) priva il sistema politico di efficacia, di capacità di controllo, di apertura a linee di conflittualità politica in grado di mantenere gli assi di una moderna democrazia competitiva.

Nell’età del Partito Unico della Nazione scompaiono le polarizzazioni identitarie e la vicenda politica è tutta ricompresa in un indistinto calderone in cui contano i rapporti di potere privati, le lobby, le cricche. Il trasformismo però non è solo un punto di forza, ma nasconde anche quelle oscure insidie che rendevano ingovernabile il sistema politico liberale. E queste tensioni su minuzie, su piccoli interessi e ambizioni personali sono la principale spina nel fianco del governo.

Umiliato e posto dinanzi ai segnali di fallimento della propria iniziativa politica, il Nuovo Centrodestra di Alfano è dinanzi a un bivio. Continuare lungo la via del suicidio politico, con l’approvazione della legge elettorale che rende ininfluenti le formazioni minori, o far saltare il tavolo. La sopravvivenza di Renzi è legata a un “quid”, come diceva Berlusconi a proposito del suo antico delfino siciliano.